Tango catodico

15 Dicembre 2014 di Oscar Eleni

Tango

Oscar Eleni nascosto nella sacca da viaggio del direttore di questo sito che ha lasciato la bruma per andare sul sentiero del ricordo di Drazen Petrovic nella Zagabria che lo ha cullato, amato, idolatrato, cercando testimonianze per un libro. Un altro. Il basket ispira. In questo periodo sono stati in tanti a cercare la fortuna in libreria. Da Feltrinelli la sfida Sani-Tranquillo ci fa sentire un po’ meglio, come quando passando vicino ai campetti si scopre che c’è affollamento sotto canestro almeno come nelle piccole arene del pallone create per i piccoli e sfruttate dai grandi più prepotenti. Insomma come capita fra grandi e piccoli editori.

Nella settimana delle verità europee. Milano fra le grandi come dovrebbe sempre essere: ha lombi nobili, molti quattrini, qualche buona idea, un allenatore che sacrifica tutto se stesso all’idea che il basket è un gioco di squadra dove i solisti si tollerano se sudano almeno un po’ in difesa. Sassari è logicamente fuori. Era inesperta. Ha trovato un mondo ben diverso dalle coppe che aveva frequentato prima. Di certo non poteva guadagnarsi elogi correndo e tirando senza un minimo di umiltà ed equilibrio. Nelle altre manifestazioni ha pagato più di tutti Reggio Emilia per quella serie di incidenti che hanno costretto uno bravo come Menetti a fare come nelle grandi corse automobilistiche quando c’è da far correre una macchina e sistemare l’altra in avaria. Confusione di dati. Lui ha capito, prima di noi e dei suoi detrattori, che ce l’avrebbe fatta lo stesso e ora è in testa alla classifica, sapendo di poter affrontare chiunque con un quintetto tutto di scuola italiana se consideriamo Silins, il ragazzo di Riga, come prodotto del vivaio “arzan”.
L’Europa che sorride a Cantù e Roma confonde le idee ai malpensanti in stivali, quelli ancora illusi di poter presentare un campionato italiano con qualità superiori a quelle degli altri: avrete visto, dicono dal loggione, che Sacripanti e Dalmonte in prima fila nell’Eurocup qui le prendono da tantissime. Un inganno. Gioco di specchi. Lo sappiamo tutti, lo sa il povero Pianigiani che sarebbe venuto volentieri a Zagabria per andare a cercare con un randello il Nesterovic che ha estratto il bigliettino con la scritta Italia per infilarci nel girone europeo più difficile perché anche un quarto posto ci manderebbe a sbattere subito contro la Francia in casa sua e questo fa davvero paura. Certo che si può battere la Turchia, ovvio che si punta a mettere sotto la Germania, ma quelli giocano in casa. Voi dite che Spagna e Serbia sono inavvicinabili? Mai detto. Ci conosciamo bene. Quando gli sfavoriti eravamo noi abbiamo trovato due argenti olimpici, due ori europei. Vietato fasciarsi la testa prima di essersela rotta direbbero al bar del Canaglia, ma questi azzurri teneri che si divertono soltanto sull’ottovolante, mai uno che faccia più di tre belle partite di fila, ci rendono nervosi e le notizie dall’altro emisfero, quello che ha celebrato il sorpasso nella classifica marcatori del Mamba Bryant sul mito Jordan, anche se a quasi 6000 punti da Jabbar e Malone, sembrano messaggi contro la dolce illusione di essere davvero rinforzati dai ragazzi NBA. Certo conforta la rabbia del Gallo che a Denver fa panchina, adesso è fuori con un ginocchio dolorante, fa piacere sentirgli dire che per l’Europeo saranno tutti pronti, ma non riusciamo a crederci pensando alla naftalina nella scarpe di Datome, al fantasma di Bargnani, all’idea che Belinelli potrebbe arrivare in fondo anche questa volta e non avere più energie per mettersi in gioco con i pari ruolo italiani, tutti molto ambiziosi, tutti con un fondotinta da viperini, persino l’Aradori che sembrava felice quando firmò per il Galatasaray e adesso è sulla torre di Galata senza vedere bene il futuro, orgoglioso abbastanza per non tornarsene nell’Italia che non lo ha trattenuto, ma pure preoccupato di sapere se esistono amatori europei al prezzo del suo contratto.

Ma torniamo al campionato che dopo 10 giornate sembra aver già condannato Caserta. Non ne siamo sicuri. Perché? Beh per la stima verso Markovski. Perché Molin non era bravo? Lo era, ma si è trovato senza sostegni quando serviva di più. Atripladi deve essersene reso conto e vedendo la contestazione della gente ha tolto il disturbo. Ora la squadra ha qualche uomo in più e non gioca così male, non certo da zero in classifica. Il distacco, però, diventa abissale se pensiamo al cuore e ai miracoli di Pesaro, la vera rivelazione, e dei pirati di Capo d’Orlando. Per le finali di coppa Italia mancano ancora certezze dal sesto posto in giù. Ammucchiata che rende fragili giocatori già tremebondi all’origine per aver lavorato poco quando serviva, per non avere ancora capito che solo allenamenti duri ed esami senza allenatori pietosi che rendono i fondamentali purulenti, fanno diventare da corsa cavallini nati per sdraiarsi sotto i ginepri. La Giba ci fa sempre notare il mìnutaggio degli italiani in campionato. Aggiunga anche qualche altro elemento per poter capire di chi e di cosa stanno parlando: ad esempio un allenatore che deve difendere il posto in base ai risultati come deve regolarsi? Voi direte che il marcio è sempre altrove, nei dirigenti che guardano al latte e non alla salute della mucca. Vero, ma in questo balletto dove le colpe sono sempre degli altri si fa una gran fatica a trovare orientamento come ha dovuto confessare il grembano d’assalto e di qualità Flavio Carera a Sportitalia quando non si riusciva davvero a trovare un difetto fra vincenti e perdenti, giocatori, allenatori. Buonismo a cui sembra difficile sfuggire, ma non ripariamoci dietro la scua di non voler diventare scimmie replicanti dei processi calcistici.

Prima di andare a bere una birra con i discepoli di Mirko Novosel il profeta, il genio, la mente della scuola croata, quella che con le altre della ex Jugoslavia continua ad essere nettamente superiore alla nostra, cari Cappelari e Carlà, vorremmo la vostra solidarietà di lettori per non farci prendere prigionieri dai maestri del nuovo tango mediatico, quello delle televisioni che se ne strafottono della carta stampata. Siamo in piena bufera e la Rai, con il suo specchietto per allodole cieche, come quella notizia sul 21% in più di telescolatori per una programmazione che peggiore non poteva essere, sta per essere circondata dalle nuove voglie di SKY dove si sono resi conto che fare le Osiris schizzinose davanti al “ basket minore” dava meno visibilità e meno lavoro del minestrone NBA.

Sempre cercando complicità in chi legge vi chiediamo oggi, molto prima di Natale, se al colto e all’inclita sembra davvero un palazzo da finali di coppa Italia quello di Desio dove i giocatori di Milano e Panathinaikos hanno trovato un buco nella chiazza bluastra già medicata altre volte. Alla RCS non ci faranno caso. Il sindaco è saltato in cattedra battendo le mani: posteggi ad minchiam? Siete sempre i soliti schizzinosi, cosa dovremmo fare? Spendere per una manifestazione di tre giorni? Palazzo con carenza di spogliatoi per otto squadre. Ma come siete delicati. Si risolve con i container. Non è la prima volta. No. Ma sarebbe la prima volta sapendo di aver rinunciato ad altri campi molto più belli, ad arene che potevano dare un senso alla festa d’inverno che piace tanto al basket.

Pagelle pensando al tango catodico che come la meraviglia argentina non può vantarsi di far ballare bene il nostro basket. A Buenos Aires le radici del tango furono infami, con parole indecenti e senza senso, insomma il caso nostro, ma da loro e da noi, nel mondo, arrivò Gardel, qui siamo sempre alla frase di quel teppistello del Boca che diceva: “l’uomo, l’appassionato, che pensa per più di cinque minuti al suo amore non è uno giusto, ma soltanto una checca”.

10 A Franco BERTINI che nella palestra Carducci di Pesaro ha coinvolto un’altra volta la città ripercorrendo, con l’attore Stefano Magi che recitava in vernacolo i versi di Agostino Ercolessi, quelli con la Santena e la Marietta, la storia di una città che se si salverà anche in un anno da ricordare dolorosamente come il primo della Victoria S.S. senza il nome Scavolini sulla maglia, allora potrà dire di aver ritrovato almeno le sue origini e Musso, l’argentino, sembra uscito dal circolo di Aido Fava. Come quelli che venivano dalla Carducci direbbe Eli Ferri che ci ha raccontato la bella storia.

9 A Simone PIANIGIANI per non aver perso la calma a Disneyland mentre Nesterovic incatenava Azzurra Tenera al girone più duro dell’Europeo. Lui, ha fatto la faccia del pokerista e poi è andato a cercare ispirazione dall’amico Allegri nella Vinovo dove la Juventus ha salutato il cittì del basket prima di quello del calcio, l’ex tricampeon Conte.

8 A Massimiliano FINAZZER FLORY l’attore che ha fatto da guida a Spike Lee fra le buche di Desio per conoscere meglio l’Emporio Armani che lo ha vestito con una maglia che aveva sulla schiena il’73, ironico ricordo dell’ultimo titolo dei suoi Knicks, confezionata dagli stessi che hanno dovuto aspettare davvero tantissimo per arrivare a 26 scudetti.

7 Al MUSSO di Pesaro che ci ricorda come la scuola argentina ha regalato al nostro basket sempre personaggi positivi, partendo, ovviamente da Ginobili, per finire al Bruno Cerella che per il pubblico di Milano sembra la reincarnazione del Vittorio Gallinari da missioni speciali, non un fenomeno, ma in campo serve la garra, il cuore e allora vi diciamo che preferiamo dieci di questi uomini della pampa a due cicisbei allevati nella bambagia di vivai dove ci sono allenatorini che preferiscono infierire sui deboli, e agenti che li fanno diventare tatuati d’insuccesso molto prima che infierisca un barbiere di ringhiera.

6 Al nuovo arrivato EYENGA che ha tolto a Pozzecco le catene di una prigionia temuta, cercata, prevedibile. Ora che tutto sembra tornato alla normalità era necessario aggiungere qualcosa anche sul campo e con questo bel saltatore Varese può sperare ancora nei play off, a patto che non siano di nuovo spunto per esagerare, per rendere l’atmosfera irrespirabile ad una squadra con uno scafandro da pochi euro.

5 Ai TIFOSI di CANTU’ se si faranno prendere dall’angoscia nell’anno in cui è stata davvero sbagliata la squadra. Figurine, figuranti, non soltanto stranieri ad ogni effetto ed affetto, se non si stringeranno intorno alla società nel lancio di questo bauletto natalizio che vuol dire futuro e, magari, una strada per cambiare qualcosa in campo. Non certo in panchina. Sacripanti, come il Donadoni del Parma calcio, non ha perso il tocco all’improvviso. Vero che se vinci sei un fenomeno e se perdi diventi asino, ma dall’Europa alla stalla c’è tanta strada.

4 Alla ROMETTA che si avvilisce in un pala Tiziano dove non vanno mai più di 2000 persone. Ora se c’è una squadra che in questi ultimi tre campionati ha fatto cose importanti è proprio quella dove dirige l’orchestra organizzativa l’Alberani che ci ha deluso soltanto quando ha costretto Calvani ad andarsene. Ora Dalmonte ha fatto cose importanti, ma i serbatoi non tengono per due impegni di livello, soprattutto se intorno c’è l’ombra di un vecchio amore mai più sbocciato in una città dove i settori giovanili, invece, si moltiplicano.

3 Alla FORLI’ costretta a mandare in campo la giovanile per non toccare davvero il fondo e la vergogna. Siamo indignati con chi ha coinvolto personaggi di grande spessore umano come Frattin, uomini di basket da casa della gloria, vincitori di scudetti, coppe, artisti della panchina come Alberto Bucci. Un disastro e una patata bollente per il nuovo presidente di una Lega Nazionale che promette una purga e una nuova luce. Già sentito. Si attendono sviluppi sull’anatema.

2 A Valerio AMOROSO, giocatore che in serie A ha lasciato una piccola traccia, poteva fare molto di più, per essere riuscito a farsi sospendere a Torino dove Pasquali non poteva che metterlo ai margini per tutelare la squadra e Bechi. Un recidivo che scendendo nelle serie inferiori aveva giurato di essere pronto a cambiare e alla svolta.

1 Ai tipi come STONE,Venezia, BROOKS, Milano, GADDY, Bologna, che continuano a farci credere di non riuscire a mostrare il loro grande talento per colpa del nostro piccolo basket. Eh no, cari amici, cercate dentro voi stessi. Soprattutto lo diciamo ai loro allenatori e se è così difficile farsi capire allora meglio separarsi.

0 Alla LEGA PALLAVOLO che sembra agitata per la convivenza al vertice della sua organizzazione di un presidente che è anche numero uno in società, uno, dicono, che non sempre riesce a stare lontano dai suoi affetti. Vorrebbero farci capire che anche la Lega basket corre questo rischio? Sono così perfidi da metterci in allarme anche più di certe mosse su tavoli che non competono certo le massime cariche di questa pallacanestro in Italia.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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