Raf, tutte le sfumature del pop

17 Dicembre 2014 di Paolo Morati

Raf

L’annuncio dei 20 brani in gara alla 65a edizione del Festival della Canzone Italiana è l’occasione per parlare su Indiscreto di alcuni degli artisti che saranno a Sanremo dal 10 al 14 febbraio. Partiamo con Raf, uno dei migliori e storici esponenti del pop italico che, forte di una gavetta a Londra e Firenze e dell’incontro con Giancarlo Bigazzi, se ne esce nel 1983 con uno smash hit da far girare la testa: Self Control (nota oltreoceano anche per la versione che ne diede Laura Branigan, interprete scomparsa dieci anni fa e molto attenta ad attingere al repertorio italiano). Canzone contenuta nel suo primo album, e unico totalmente in inglese (a noi piaceva molto anche London town), è il brano che dà il ‘la’ a una lunga carriera al quale seguono solo lavori in italiano sull’onda di una affermazione prima come autore e poi come cantante.

Di Raf infatti nel 1987 c’è lo zampino in Si può dare di più che trionfa al Festival con il trio Morandi-Ruggeri-Tozzi, così come in Gente di mare che propone insieme a Umberto Tozzi all’Eurovision Song Contest dello stesso anno, piazzandosi terzo sul palco di Bruxelles e guadagnando ampia visibilità internazionale. Si tratta in entrambi i casi di grandi canzoni (del resto non finiremo mai di affermare che Tozzi è il vero padre del genere ‘popular’ italiano più moderno) e visto il risultato è forse per questo che Raf decide poi di seguire un certo percorso che lo porta a esordire al Festival l’anno dopo con un brano delicato (Inevitabile follia) per poi l’anno successivo proporre quello che diventa presto un vero e proprio inno del decennio che sta per chiudersi: Cosa resterà degli anni 80, affermazione o quesito a cui ancora oggi si fa fatica a rispondere in modo unanime, ma una delle poche certezze nostre è che eravamo inconsapevolmente felici. Pochi mesi dopo Raf domina il Festivalbar (ridatecelo per favore, ma con i cantanti di quell’epoca, grazie) con Ti pretendo, grande pezzo ritmato e che anticipa un altro salto di qualità che avviene nel 1991.

L’album è Sogni e tutto quello che c’è... preceduto da Oggi un dio non ho (di nuovo a Sanremo) e che include una composizione dall’arrangiamento poderoso che dimostra tutta la stoffa dell’artista nativo della Puglia (Margherita di Savoia): in Siamo soli nell’immenso vuoto c’è infatti il meglio del Raf ritmato e il suo gusto per le produzioni particolareggiate, nei minimi dettagli. Ancora due anni e arriva il colpaccio di Cannibali, che contiene la celeberrima Il battito animale (prima al Festivalbar) ma anche altre grandi semplici canzoni, da Stai con me, a La folle corsa, fino a Due… all’epoca le abbiamo tutte ascoltate in cuffia mentre gironzolavamo in città. Dopo l’effetto meno dirompente dell’album Manifesto (1995, brano di punta Sei la più bella del mondo), Raf si prende una pausa di tre anni per generare un progetto che rappresenta lo spartiacque tra la sua prima e seconda fase artistica.

Intitolato La prova, è un album più duro rispetto ai precedenti anche nei testi, con un sound meno pop, una canzone strepitosa (Vita, storie e pensieri di un alieno) ma che non riesce a trascinarne il risultato presso il pubblico. Giusto provarci e giusto anche ripartire con nuove tendenze e suoni che si palesano in Iperbole (2001), che ripresenta il Raf più introspettivo e sensibile in Infinito e nella title track, ma anche quello più rapido in R4. Un disco nuovamente di successo a cui fanno seguito Ouch!, dove continua a portare avanti sperimentazioni raffinate (da sentire in tal senso Aria da niente o Mi fermo qui), Passeggeri distratti e Metamorfosi. Tutti album che si fanno ben ascoltare dando il giusto ossigeno pop di orchestrazioni, venature soul, tra emozioni inaspettate e grandi Numeri (titolo dell’ultimo lavoro finora pubblicato da Raffaele Riefoli, nel 2011).

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