Rimanendo in viale Tiziano

22 Dicembre 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal Castello trevigiano di Gòdego seguendo la “consegna pacchi” di Antonio d’Orrico, l’uomo che legge davvero i libri consigliati, che parlando della storia incompleta del Prosecco di Giovanni Gregoletto ci fa emozionare parlando del racconto meraviglioso di Ottavio Missoni per un giorno dei morti a Trieste, perché ai Dodici boti, mezzogiorno, cominciava la veglia alla Joyce con un bicchiere di Traminer e due dondoli, i tartufi di mare, all’una il pranzo con yota, sottaceti, carne con le verze, rosso Teran, caffè, grappa. Sono momenti di triestinità da vivere cantando con Tai, fratello in arte e in armi di Rubini, grande artista e grande atleta. Lo facevamo spesso. Una volta agli europei in Croazia era lui il direttore del coro notturno dei tifosi che bevevano nero perché erano in lutto, si perdeva spesso, un passaggio obbligato per arrivare al Castello nel trevigiano che l’imperatore Ottone regalò un tempo ad Abramo, vescovo di Frisinga, un posto meraviglioso che ci ricorda, anche oggi, che quella fu terra di Treviso difesa dai padovani, ceduta ai veneziani, ma, soprattutto ci fa venire in mente questo basket, la sua Lega che non trova collaborazione per l’instant delle piccolezze, lanciato come innovazione dell’anno all’inizio di questa stagione, da società spolpate, svendute, strattonate, questa pallacanestro che rispetta le leggi, come dice Petrucci rispondendo “incazzato”, come può esserlo un demo vendicativo,ai questuanti del convento federale, quelli che vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca. Al Castello porteremmo tutti gli scettici in blu che guardano al pulpito dei presidenti con la stessa rabbia e paura dei cittadini di Gòdego quando girò la voce che stava per essere emanata una legge contro l’alcolismo: ”Cossa v’importa dell’alcool, urlò il sindaco, lasciatelo stare, avete il vino e la grapa, bevete quelli, ostia.”

Ecco, il basket di questo anno arido sembra proprio una platea come quella del castello. Tutti a sbracciarsi per dare corsie preferenziali al giocatore italiano, persino gli agenti, ma poi capita che se uno li elogia troppo ecco il compagno di banco pronto all’intervento: “Ehi, calma con i le lodi, quello poi ti viene a bussare alla porta e vuole subito un aumento”. È così. Non abbiamo mai creduto ai posti assegnati per legge. Sul campo vale, dovrebbe valere, soltanto il talento. Certo che un giovane deve avere la possibilità di sbagliare, un esordiente di capire, ma questo vale per tutti e non si guarda al passaporto. Cosa dire dei nostri talentoni che vogliono il consenso e poi ti sparano un tiro da tre alla pene di segugio,voce del vocabolario giordanesco, benedetto sia il suo nome e il suo ricordo, quando sarebbe necessario amministrare il gioco, dare un valore serio al possesso della palla. Vale per tutti, ovviamente. Certo, gli americani fanno anche di peggio. A loro interessano soltanto le statistiche da presentare nel curriculum per il prossimo ingaggio. Che sia Baku o Venezia, che sia la Spagna o la Cina, checcefrega. Fate girare la moneta dove c’è, poi noi passiamo, difficilmente la palla cari lanzi delle mie bave infinite, e ce ne andiamo.

La gente non si affeziona più? Ma se avete appena fatto una danza per ricordarci che nell’ultima stagione il pubblico era aumentato, gli ascolti televisivi si sono impennati. Qui si proteggono tutti, ma poi li vedi scappare via. Ora siamo contenti che Cusin abbia trovato a Cremona la squadra, l’allenatore, l’ambiente per sentirsi felice, è uno dei pochi che non ha apprezzato la vita, l’ospitalità, l’affetto della gente di Sassari, la dolcezza del clima nella squadra di Sacchetti. Ci può stare. Facciamo più fatica a capire come viene presentata la vicenda Aradori scaricato dal “truce” Ataman e in viaggio verso altre esperienze europee. Hanno parlato dell’Estudiantes Madrid, cantera storica, ma cantera, e qui, cari amici, mi sapete dire che progressi può fare un giocatore del giro Italia che pure giocando a Cantù avrebbe avuto anche la balera europea come cimento? Pensiamo poi ai dubbi di Mussini che sembra tentato da un esperienza nei colege statunitensi, pronto a lasciare Reggio Emilia che lo ha educato anche bene. Avrà ragione pure lui, avrà parlato con Della Valle, ma la verità è che si tende a cambiare in loco parentis.

Difficile capire tutti questi ragazzi che hanno bisogno di tempo. Una cantilena natalizia che non resiste quando vai a vedere come stanno davvero le cose. Dicono che Venezia è in testa perché ha preso i soldati di ventura allevati così bene dalla Siena plurivincitrice. Italiani e stranieri. Lo dicono anche a Milano da quando hanno fatto la spesa a Fontebranda. Lo pensano un po’ tutti quelli che sapevano bene di dover dare tempo a Luca Banchi per sistemare certe cose prima della fase vera che metterà Milano al centro dello spettacolo in Italia e, speriamo, in Europa. Certo il gioco d’attacco è sempre irritante, sembra che non ci sia. Ma con certa gente è meglio garantirsi fedeltà in difesa piuttosto che aspettarsi una visione del campo finalmente aperta, una scelta per il bene collettivo che a Roma si è anche visto più del solito, anche se i detrattori dell’uomo di Grosseto restano scettici.

In questo coretto da boys della Wandissima Osiris, che ai suoi spettacoli amava essere sentimentale soprattutto con i giocatori di basket che Rubini portava al Lirico, il basket di oggi tenta di canticchiare “Si stava meglio domani”, sapendo di mentire. Non è nostalgia canaglia, ma noia mortale per questo arrampicarsi sull’albero della cuccagna infischiandosene di tutto il resto. Volete un esempio? Finale di partita a Roma, “pienone” da 3000 spettatori in viale Tiziano, persino Petrucci e il Pianigiani appena incatenato dall’incubo previsione per gli azzurri NBA che sembra portargli anche male, l’Emporio ha vinto per sfinimento della truppa Dalmonte, mancano pochi secondi. Di solito si finisce palla in mano e tanti abbracci. A Roma no. Ragland in fuga per avere 2 punti in più sul tabellino, tutto fa brodo, Gibson inferocito perché nella sua partita più bella si è trovato di fianco il peggior Jones, prosciugato, probabilmente, dalla regia dei suoi bei cortrometraggi, deciso a placcarlo. Fallo evidente, solare. L’arbitro Seghetti entra in commedia. Ohibò. Antisportivo. Tecnico, ritecnico, cosa dice lei Moss?, tecnico, fuori. Beeellissima chiusura televisiva per lasciare scorrere il ditino sul telecomando. Eh sì, cara gente. Anche questa volta, nel fine settimana che metteva di fronte le virtù e le pudende di Milano e Roma nel calcio il computer, che regola il mondo di mezzo fra basket e realtà, ha voluto infilarci un bel Roma-Milano anche nella palla al cesto, guarda caso anche nel palinsesto televisivo. San Siro e Viale Tiziano. Alleluia brava gente. Un brindisi. Vero che Banchi e suoi scorpioni, lo saranno anche quest’anno, potete giurarci, hanno sparigliato facendo pendere la bilancia dalla parte dell’EXPO nei giorni dell’ubriacatura per una candidatura olimpica italiana dove la festa del mondo sportivo verrà adottata e cullata da tante nostre città, non casualmente si dice che sarà Milano ad ospitare il basket: uno spunto per far nascere, finalmente, un palazzo dello sport che manca dalla nevicata dell’altro secolo.

Milano, Olimpia, Emporio, privè di casa Armani, libri, feste, brindisi, un accordo importante e non ancora pubblicizzato per diventare sponsor ufficiali dell’eurolega alla vigilia del viaggio che ridurrà da 16 a 8 le grandi società del basket continentale. Vero che la sponsorizzazione della Turkish Airlines non ha mai ispirato tanto le squadre di Istanbul, ma è sempre meglio avere un credito che un debito con i dirigenti, dello sport e non soltanto.

Come dice la Mannoia molto spesso si sogna perché vogliamo sognare, viaggiatori viaggianti da salvare. Lo pensavamo andando verso l’albero di Gorlato, arbitro emerito, pensando ai maturi baskettari che si raduneranno il primo giorno di Primavera a Bologna, nella mitica sala Borsa, saranno felici Parisini, Porelli, la Bologna che ama ancora il basket, meno la Federazione grulla che non insiste per avere là la sua casa della gloria, d’altronde è il paese che preferisce la coppa Italia a Desio coi buchi nel parquet e mini spogliatoi, quando da Roma ci è arrivata la telefonata che ci riporta nella realtà: se ne è andato Tonino Costanzo. Aveva 80 anni. Era un gigante sul campo, lo è stato come giocatore, come allenatore. La scuola della Stella Azzurra è davvero sua. Uno da casa della gloria e chi lo accompagnerà nell’ultimo viaggio gli faccia sapere che amavamo anche il suo modo di essere burbero verso la Milan bausciona come direbbe il suo figlioccio Falcomer.

Pagelle in osteria, sono passate tante ore dal primo brindisi, ma ne vorremmo fare tanti altri.

10 A Tonino COSTANZO che ha rappresentato una grande scuola, un mondo romano dove il basket era cultura, genialità, anche quando si doveva mangiare soltanto cicoria. Aveva stile, era qualcosa di più di un grande uomo di basket.

9 Al TRAINOTTI che insieme al presidente LONGHI ci dimostra come si sviluppa seriamente un progetto sportivo, manageriale. Trento è già la rivelazione dell’anno, ma il direttore generale pensa già al domani, a questa convivenza dorata con la pallavolo, ad un palazzo che potrebbe diventare stretto.

8 Ad Andrea CONTI, direttore sportivo che incarna perfettamente un presidente come Vanoli, uno degli ultimi a resistere soltanto per passione, spiegando bene come è riuscito ad armonizzare la stagione di Cremona dove il maestro Pancotto ha aggiunto qualcosa alle mitiche tre Ti cittadine, portando la squadra in zona oro.

7 Alla PALLAVOLO, ancora una volta, perché riesce a farsi mettere dalla RAI le partite di cartello, tipo Trento-Modena, nella zona d’ombra fra calcio pomeridiano e serale, mentre il basket va ramingo a chiedere l’elemosina di ore impossibili, frustrato da questa guerra con la Federazione per avere una televisione al guinzaglio.

6 A Carlo RECALCATI che ne ha viste tante, troppe, per farsi coinvolgere da queste meravigliose danze di vittoria da Cannaregio al Taliercio. Soltanto la sua calma potrà tenere la Reyer al vertice. Intanto complimenti al Brugnaro per il suo doppio Natale vincente: gli uomini hanno sbancato Cantù, le donne hanno battuto Lucca. Milano è altrove. Per tutti, per la stessa Venezia che ancora non sa se è più forte davvero di Reggio Emilia o Sassari, magari della stessa Brindisi che potrebbe crescere tanto.

5 All’arbitro SEGHETTI, un bel corridore sul campo, un appassionato, per aver interpretato la parte del truce balivo intransigente sul regolamento. Il dialogo, capirsi con uno sguardo, fingere di non aver visto, interpretare. Difficile, lo sappiamo. Ma a lui, caduto in quella botola romana alla fine di Acea-Emporio, che brividi citarne soltanto le sponsorizzazioni, faccia sapere ai suoi colleghi che non è questa la strada per avere stima in un paese dove, certo, è difficile amministrare leggi e giustizia, ma esiste pur sempre chi abbraccerebbe l’arbitro sensato.

4 Alla PISTOIA che fischia questo nuovo impegno della squadra di basket affidata a Moretti, un gruppo tutto nuovo. Capiamo l’irritazione davanti a certi giocatori. In questo troveranno solidarietà in tantissime squadre. Di certi bulli, ma attenti non soltanto americani, ne abbiamo piene le tasche, ma in questo momento c’è da proteggere un talento di allenatore come Paolino Moretti.

3 A CANTÙ e CASERTA che per strade diverse hanno portato all’esasperazione chi si era illuso nel precampionato quando le candidava a posizioni di vertice. Una non sa che giocatori, più di uno, buttare fuori dalla Brianza, l’altra non sa più che santo invocare per cambiare strada.

2 Al BANCHI che insiste nel voler far passare per imprese tutte queste vittorie di Milano che sembrano fin troppo facili da ottenere: capita la cappellina in una sola gara ,ma impossibile immaginare una vincente diversa in una serie da play off. Vede intorno nemici più attrezzati della sua corazzata? Non prendiamo gli spettatori per allocchi. Lui ha tutto e di più. Insomma a lui tutti i soldatini, agli altri quello che resta. Certo non sarà facile arrivare bene alla rive dei successi, lasciando quella degli schiavoni dove si rischia di restare incatenati se all’idea squadra si rinuncia per garantire miele a tutti, ma lo pagano bene anche per quello e la sua famiglia tecnica è di prima qualità. Poi si ricordi che presto entrerà in gioco, nel campionato, anche Daniel Hackett. Chi farà un acquisto più importanate fra le sue rivali? La realtà dice che non può perdere da noi e deve tentare il massimo in eurolega. Soltanto questo.

1 Alla ROMA con voglie olimpiche che non è riuscita a calmierare i prezzi per i pochi impianti sportivi che devono sfruttare le tante società sportive della capitale. Vedere un Roma-Milano di basket nel palazzo che fa venire i nervi più che ricordarne l’architetto, sapendo che all’EUR al massimo fanno sfilare i cani, è una tristezza, una sconfitta del sistema, basket in testa.

0 A FEDERAZIONE E LEGA che litigano sul ballatoio del basket mentre intorno senti il rumore di tanti crolli perché dietro la serie A c’è già un mezzo disastro partendo purtropo da Forlì dove è rimasto impigliato anche un eccellente preparatore atlertico come ANNONI, ma non è detto che al vertice stiano tutti bene e la sperequazione negli investimenti ha già spezzato un campionato che soltanto i grandi ingenui e gli ottimisti considerano eccitante. Da peep show, altro che.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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