Champagne o spumante?

17 Dicembre 2014 di Stefano Olivari

Natale è il periodo dei bilanci e della grandi domande, la più grande di tutte è forse quella su cosa bere, regalare o regalarsi, fra champagne e spumante. Consideriamo neutra la questione del prezzo, alla luce di quanti soldi vengano buttati via in dicembre, parliamo soltanto di gusti personali e di emozioni evocate. Saltiamo come Lavillenie, non a caso francese, le dispute terminologiche che appassionano  i sommelier e soprattutto i temibili aspiranti tali (gente che manda indietro anche la Sprite dicendo che sa di tappo), che vedono alle ali estreme due partiti: il primo che sostiene che lo champagne sia uno dei tanti tipi di spumante, soltanto che se la tira più degli altri, il secondo che la sua unicità non risieda solo nella regione di provenienza (Champagne, appunto) ma in un metodo di lavorazione rigido e codificato, lo Champenois, con tre soli tipi di uva (Pinot Nero, Chardonnay, Pinot  Meunier). In mezzo si possono fare mille ragionamenti (ne abbiamo ascoltati anche sulla rotazione delle bottiglie, senza l’aiuto di Google non sapremmo in quale fase della vinificazione), di cui 990 incomprensibili ai più e in ogni caso a noi sempre a disagio nella parte cosiddetta ‘dell’uomo che si deve intendere di vini se no non è un vero uomo’ (Max Pezzali in Ragazzo inadeguato l’ha spiegato meglio), ma vorremmo restringere il discorso a ciò che champagne e spumante (in ogni caso spumante è una definizione davvero generica, anche se in fin dei conti la grande divisione è fra i due metodi di fermentazione) trasmettono, gli scenari che lasciano immaginare, i mondi a cui si riferiscono. Così come gli acquirenti delle auto non sono tutti ingegneri, quelli dei vini non sempre sono sommelier. Allora, tagliamo corto: champagne o spumante?

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