Diabolik dalla carta allo schermo

10 Novembre 2014 di Paolo Morati

Diabolik

C’è grande attesa per l’uscita il prossimo anno di Diabolik – La Serie, un progetto televisivo di Sky Italia, BSKYB, SkyDE realizzato interamente in Italia e definito al momento dell’annuncio circa un anno fa come la più grande produzione tv girata negli ultimi 30 anni negli studi di Cinecittà. In attesa di poter valutare il risultato del nuovo prodotto Cattleya (Gomorra e Romanzo Criminale) e capire come Dante Ferretti ne avrà immaginato le scenografie, torniamo indietro fino al 1968 quando uscì nelle sale un film basato sullo storico fumetto delle sorelle Angela e Luciana Giussani.

Intitolato semplicemente Diabolik (all’estero anche Danger: Diabolik) e diretto dal maestro dell’horror Mario Bava, questo film non riscosse all’epoca grande successo per poi, come spesso accade, essere riscoperto molti anni dopo guadagnando consensi di nicchia come esempio di quel cinema psichedelico e con voglia di rottura – soprattutto in colori, suoni musiche (qui di Ennio Morricone) – caratterizzante parecchie produzioni dell’epoca. Un po’ lungo nello svolgimento dell’azione, soprattutto nella parte iniziale di presentazione dei diversi personaggi dopo il primo grande furto (e relativo inseguimento) da parte del ‘cattivo’ mascherato, Diabolik è un insieme di più quadri che non puntano certo sulla recitazione di John Phillip Law (Diabolik) e della spesso spogliata Marisa Mell (Eva Kent) per far presa sul pubblico, ma al contrario mettono le percezioni dei sensi in primo piano.

Tranne i nomi e le ambientazioni, il film Diabolik non ha comunque molti punti in comune con l’originale a fumetti, perlomeno non ne ricalca in pieno la spietatezza e crudeltà delle prime storie (da qui anche la vicinanza a Fantômas) che un regista come Bava avrebbe potuto tranquillamente riprodurre con buona fedeltà, ma sembra invece allinearsi più alla sua evoluzione successiva meno efferata, anzi si potrebbe dire quasi normale. Del resto sulla carta il suo personaggio – così come quello di Eva – ha seguito nei suoi cambiamenti il vento dell’epoca in cui viveva, e sono negli anni stati prodotti anche alcuni trattati che lo riguardano, per cui la curiosità è di scoprire a quale suo volto hanno oggi deciso di ispirarsi gli sceneggiatori per la la serie televisiva in uscita il prossimo anno e se ci sarà il giusto equilibrio tra trama, effetti speciali e… pugnali.

Del film di Bava restano intanto le trovate ipnotiche della caverna rifugio di Diabolik, i costumi (indossati e tolti) e le inquadrature per una storia comunque divertente e con qualche evidente segno dei tempi in cui venne girata, come le scene di nudo censurate attraverso escamotage scenografici secondo la scuola del vedi non vedi. Buona la prestazione di Michel Piccoli nel ruolo dell’ispettore Ginko, del grande Adolfo Celi – inspiegabilmente doppiato – in quello del cattivo Ralph Valmont, e del ‘fumettoso’ Terry-Thomas. Peccato per il finale rimasto in parte aperto in vista di un seguito che in realtà non c’è mai stato.

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