Un Recoba è per sempre

4 Agosto 2014 di Paolo Morati

Alvaro Recoba

Non c’è giocatore che ci abbia entusiasmato più di Alvaro Recoba, a 38 anni fresco di rinnovo di contratto con il Nacional di Montevideo. Del resto lo avevamo capito che sarebbe stato per sempre nel nostro cuore di amanti del calcio, fin da quando arrivò all’Inter con la leggendaria doppietta che abbatté il Brescia quel fatidico 31 agosto 1997, oscurando fatalmente l’esordio di Ronaldo (quello vero, l’unico). Per anni ragione di polemiche e discussioni con i nostri migliori amici allo stadio e non, compreso il Direttore, Recoba lo abbiamo poi conosciuto di persona nel corso di una cena organizzata insieme ad altri suoi ‘seguaci’ per festeggiarlo. Proprio a questa serata si riferisce la foto… C’era anche Maurizio Mosca, ancora in salute e che nel privato era meno scoppiettante che in televisione. Tra un piatto e l’altro e due tiri al pallone con il figlio, il Chino (simpatico e gentile, che rifiutò di mangiare la torta per via del regime alimentare seguito) ci passò anche email e cellulare per accordarci su un libro che ci illudevamo un giorno di poter scrivere. Un contatto che tranne qualche sms durò poco perché i sogni sono desideri e la realtà un’altra, tenendo conto che sarebbe stata anche la sua ultima stagione all’Inter. Di lì a poco diede l’addio per andare a giocare nel Torino, e poi in Grecia al Panionios e infine scegliere il ritorno a casa prima nel Danubio poi nel Nacional. Portandolo un paio di anni fa anche al titolo di Apertura.

Ora che Recoba ha deciso di allungare ulteriormente la sua carriera di calciatore, come sempre continueremo a seguirne le partite e i gol, gli assist magnifici che continua a snocciolare convinti che nel calcio odierno, dove mancano i veri fuoriclasse, ai suoi massimi (ma anche no) farebbe tranquillamente la differenza in qualsiasi squadra. Probabilmente è nato nell’epoca sbagliata, al di là delle occasioni mancate per sua stessa ammissione. Troppo tardi e per certi aspetti paradossalmente troppo presto: nel calcio iperspecializzato dei giorni nostri, quello dei portieri che entrano solo per i rigori, sarebbe il kicker perfetto e a palla in movimento non sarebbe peggio di tanti uomini-mercato di cui stiamo leggendo. In recenti interviste lo abbiamo sentito fare autocritica, ma sarebbe bastato leggere nel 2000 quella di Andrea Elefante alla moglie Lorena Perrone per capire come sarebbero andate le cose. Lo aveva definito pigro e romantico, e sappiamo bene come entrambi gli aggettivi non si sposino bene con il cinico ed esigente professionismo della patinata modernità: «Quello che vedete anche voi, tutti, in campo e quando parla delle cose del campo. Uguale anche fuori, nella vita, stessi pregi e stessi difetti, stessi sorrisi, stessa indolenza. Stessa fantasia, soprattutto: quella che mette in un calcio di punizione e nei pensieri di tutti i giorni. Lui fantastica più che sognare: una casa a Miami per fine carriera, giornate passate in mare con un acqua-scooter, una vita senza dover fare e pensare a nulla, il meno possibile», si legge nel testo.

Ormai sono passati quattordici anni ed è probabile che con la maturità qualcosa sia cambiato, come successo (forse) a noi. Eppure per noi Recoba è stato (anzi è ancora) il calciatore perfetto, quello che ti fa tifare la squadra in cui gioca indipendentemente dai suoi colori, che alla sua sostituzione fa perdere l’interesse per la partita, che quando gli arriva la palla ti aspetti sempre la grande giocata in grado di far salire l’adrenalina a mille. Ci è successo tante volte nell’epoca nerazzurra di stizzirci (per dirla alla Mosca) perché veniva tolto ai nostri occhi ingiustamente, e di esaltarci quando entrato nel finale era capace di ribaltare il risultato in quell’Inter così pazza. Era ancora la Serie A dei campioni, davvero il torneo più bello del Mondo. E il Chino ne faceva giustamente parte, a pieno titolo, tanto era trasversale il tifo per lui, le sue accelerazioni e il suo magico sinistro. Poi, in particolare dopo il famigerato 5 maggio dove non aveva certo più colpe di altri, a un tratto ci sono stati tanti ‘scendicarristi’, che lo avevano amato per poi cambiare opinione, imbeccati da altri o sentendosi traditi per non aver mantenuto quelle promesse che ogni anno puntualmente si rinnovavano sulle pagine dei giornali. Noi no Alvaro, abbiamo tenuto duro e anche quando appenderai le scarpette al chiodo e metterai su qualche chilo di troppo resteremo sempre ‘recobiani’ nell’anima, un termine che andrebbe inserito nel vocabolario alla voce romantici e pigri, ma con classe e fantasia.

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