Il diritto di Burger King

27 Agosto 2014 di Stefano Olivari

Su tutte le pagine di economia del mondo è la notizia che Burger King, l’azienda americana nota per la sua catena di fast food (anche in Italia), ha acquisito la canadese Tim Hortons, che non essendo mai stati in Canada non abbiamo mai praticato ma che ci descrivono come una specie di super-Starbucks (anche i prezzi? Speriamo di no), per 11,4 miliardi di dollari americani. L’operazione si dovrebbe perfezionare con la fusione fra Burger King e Tim Hortons, con sede legale finale quasi certamente a Oakville, città dell’Ontario di quasi 200mila abitanti, dove è appunto la sede di Tim Hortons. Azienda creata da Tim Horton, ex giocatore della NHL (quasi 25 anni di carriera) adesso defunto, e dall’ex poliziotto Ron Joyce, che ha quasi il 70% per cento del mercato canadese di fast food e caffetterie. Il punto, come ben sa Warren Buffett che ha finanziato il 25% dell’operazione, è che se il trasferimento di sede avvenisse e quindi la neonata entità fosse formalmente canadese, le tassazione sarebbe di circa la metà rispetto al 35% della corporate tax statunitense (35 è l’aliquota massima, quella minima invece uguale a quella massima statale canadese, cioè il 15… anche se nel caso canadese la tassazione locale si somma e quindi alle fine il vantaggio è significativo solo per le grandissime aziende). Di sicuro un evento di questo genere non potrà lasciare indifferente Obama: ma se il giorno dopo la decapitazione islamica di James Foley se la rideva su un campo da golf, forse senza più grane elettorali si farà una ragione anche di una legittima scelta aziendale. Perché cercare di pagare meno tasse, rimanendo nella legalità (e Burger King ha comprato un’azienda vera, non una scatola vuota), è un diritto anche se chi vive ancora adesso nell’Italia degli anni Settanta non lo ha capito. Cercare di pagare meno tasse significa nella peggiore delle ipotesi, ma proprio nella peggiore, che si è prodotto valore. Dal punto di vista economico poco importa che lo si sia fatto producendo cose inutili, ciambelle o medicine salvavita. Si capisce che stiamo ricevendo i tweet promozionali dei pensionati (al 95% ‘retributivi’) CGIL?

Share this article