Milanesità del pane di Matera

17 Luglio 2014 di Stefano Olivari

AL FRESCO – LUOGO DI INCONTRO CON CUCINA – Via Savona 50, Milano. Telefono: 02.49533630. Sito web: www.alfrescomilano.it.

Detestate i creativi e soprattutto gli aspiranti tali? Ecco, non andate nella zona Tortona-Savona di Milano. Qualche decennio fa piena di fabbriche e di botteghe artigiane, adesso tutta un fiorire di loft, spazi per eventi, locali per una qualche ragione definiti ‘tipici’. Ci siamo resi conto di essere arrivati al punto di non ritorno quando, qualche tempo fa, incuriositi dall’insegna ‘Calzolaio’ (non vedevamo un calzolaio dagli anni Settanta) ci siamo avvicinati con la trepidazione di Heinrich Schliemann a questo presunto sito archeologico per poi scoprire che si trattava di un bar che voleva essere solo una ‘citazione’ (tutto è ormai citazione o remix) di una bottega del secolo scorso. Ma bisogna dire che dribblando una quantità industriale (l’unica cosa industriale rimasta) di giovani ed ex giovani vestiti di nero, con occhiali alla Truman Capote de’ noartri, si possono anche trovare locali interessanti. Come questo ‘Al fresco – Luogo di incontro con cucina’, che abbiamo battezzato insieme all’amico Riccardo durante un pranzo di sano cazzeggio a base di Thohir e Belinelli, con tanto di vip watching inaspettato (l’attrice ed ex presentatrice di Mtv Giorgia Surina). Posto elegante ma non affettato, con un bel giardino interno. Molto milanese, in ogni senso, ma del resto noi non siamo napoletani, uzbeki o austriaci e ci siamo trovati a nostro agio. Milanesità che si è estrinsecata nel pane di Matera (dieci anni fa i padroni del mondo, da Bilderberg alla Trilateral, si sono riuniti e hanno deciso che Matera era cool… ma avete mai assaggiato il pane di Cutro? Non vogliamo dire la cara vecchia michetta, ormai introvabile e sostituita da pani del quarto mondo) e in presentazioni di piatti eleganti ma non esagerati né come quantità di ingredienti (che fa sfigato, del genere aspirante concorrente di Masterchef) né come porzioni (che fa provinciale, del genere ‘tris di primi’). Lo chef, il giapponese Kokichi Takahashi, dal menu dimostra di avere un’idea evoluta dell’Italia, ma pur avendo studiato (da Aimo e Nadia) ha l’intelligenza di non esagerare e di proporre piatti dai nomi e dalla struttura comprensibili. Noi abbiamo provato un fondente di melanzane, un crostone di pane di Matera con burrata e verdure di stagione, un orzotto con bietola (cioè tipo il risotto, ma era orzo), un sorbetto al limone. Difficile sfamarsi con un piatto solo, quindi il conto realistico prendendone due e bevendo acqua si aggira sui 26-27 euro a testa, mentre prendendo piatti di carne si vola facilmente verso zona 35 (per uno degli editori per cui lavoriamo questo sarebbe il compenso per 7 articoli e nemmeno di quelli corti). Ottimo il servizio, veloce ma senza pressione. Clientela eterogenea, vestita come capita: dallo sportivo al tirato passando per l’inevitabile creativo, che magari ha dato un’occhiata alle mostre fotografiche ogni tanto ospitate dal locale. Giudizio? Positivo, posto ideale per stare bene insieme a persone con cui si sta bene. Al limite per incontri di lavoro, ma molto informali. Non adatto a famiglie e a situazioni ingessate.

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