Houston può attendere

7 Luglio 2014 di Oscar Eleni

EleniOscar Eleni dall’encierro di Pamplona dove si cerca salvezza dai tori scatenati che accompagnano le cornamuse tricolori. Per San Firmino, cantano i fedeli adoratori, andiamo con una calza ed un calzino. Lo sperano sicuramente Portaluppi e Proli adesso che c’è da costruire l’Emporio per la corsa vera, quella europea, considerando che in Italia, sono ancora tutti a bocca aperta. Non per le dichiarazioni dell’appassionato Marino, nuovo presidente di Lega (un copia e incolla su visibilità, idee, mercato, roba del genere: cose che sono state la chiave di porta per i suoi predecessori, illuminati o meno), ma per questa esplosione d’amore per la società che Giorgio Armani ha riportato allo scudetto.

Diciotto anni di attesa valgono quasi due generazioni. Giusto che si vedano i fuochi d’artificio come quando i pastori di Navarra arrivano a Pamplona e comincia la vera fiesta. Ne sentiva la mancanza tutto il sistema che non s’illuminava d’immenso per le vittorie a ripetizione di Siena, ma ora ha trovato il suo centro di gravità quasi permanente. Come pensare ad altre finali senza Milano? Attira tutti questo nuovo miele. Ne abbiamo lette di tutti i tipi. La maggioranza ha provato a vendere questo successo come un trionfo sofferto, una impresa quasi eroica. Be’, lasciamo perdere. Chi c’era, chi ha seguito tutto, chi può rileggere  la stagione sul Mar Rosso nel breviario dei previtoccioli in rosa, ascoltando le omelie, mettendosi in ginocchio quando a spiegare bene è stato Sandro Gamba, provando a capire; quando a spiegare, con la sua meravigliosa creatività, è stato il nano ghiacciato Dan Peterson, insomma fra  i semidepredati tutti sanno benissimo come sono andate le cose nel momento in cui un toro ha incornato Janning e ha dato la beatificazione al Curtis Jerrells che  sembra aver finito le scorte d’amore per la bella Milano se ora ha in mano un biennale con Kazan dove si è “rifugiato” l’Ettorre Langford dopo aver capito che l’unico Achille che può trascinare nell’arena gli sconfitti, è il capitano Alessandro Gentile. Lui, uno dei futuri padroni di questo basket nazionale che ha detto no a Houston, perché i suoi insegnanti sono stati  bravi e anche dopo il richiamo del Belinelli, altro beatificato dall’anno santo 2014, lui sa che questa idea che la NBA ti cambia la vita (forse economicamente, ma non certo come giocatore, come uomo direbbero Bodiroga, come disse il Danilovic mandando tutti al diavolo dopo aver assaggiato un cane caldo), non è proprio vera.

Tanjevic, maestro di Nando Gentile, padre di Megalexandros, un papà che c’è sempre, in allenamento, in spogliatoio, uno di quelli che non hai bisogno di chiudere a chiave come dice Gigi Riva dei babbi ambiziosi, lo spiegava ai suoi masnadieri di Sarajevo, di Caserta, di Trieste, della stessa Milano. Prima diventa solido qui dove non mancano le scuole e i cimenti difficili, poi avrai la possibilità, come Ginobili, di presentarti dicendo: ehi gente, non sono qui per imparare ancora, ma per cavalcare con voi, ovunque sia la meta. In questa terra di ranger solitari può capitare che un cavallo vada a salvare quello meno dotato, ma per il resto è strada da  fare con tanta attenzione. Ascoltare il dirigente che diventa padre più che padrone è già una buona cosa. Dal connubio Proli-Gentile è nato questo scudetto? Forse sì.

Ce lo dirà nelle sue memorie il Luca Banchi che anche nella fiesta scudetto è rimasto dove ti aspetti di  vedere il generale. Mentre da dietro la collina uscivano tutti gli altri, lui si è seduto a bere una tisana per la schiena malandata. Lo hanno discusso. Ci sono molti che lo hanno “tradito” e avrebbero volentieri visto un attacco dal fuoco amico. Non poteva perdere questo scudetto. Ci è arrivato per il sentiero più difficile: costruire una squadra che potesse stare lontana, il più possibile, dagli adulatori, con o senza portafoglio. Non ha mai giocato davvero bene, forse due o tre volte in eurolega, sicuramente nella sesta di Sassari, non parliamo del campionato cominciato su una barca resa volontariamente fragile per evitare gli equivoci che  stavano per rubargli lo scudetto, quasi mai nel play off contro Pistoia, le prime due erano la verità, le altre sono state rimasticature nel mondo dei finti eroi, no nelle gare in casa contro Sassari, non parliamo della finalissima dove i fari spenti hanno fatto diventare leone una lepre di giugno. Erano e restano scorpioni alla ricerca del babbo che sul campo sa cosa dire ai figliocchi  bravi, ma anche vicino al burrone con la cavolata in tasca.

Mentre il Bucintoro va su e giù  dentro il Naviglio al massimo dei decibel, come nei concertoni  di Vasco a San Siro, si nota che la squadra del ventiseiesimo scudetto era una famiglia dove non stavano tutti benissimo visto che se ne andranno almeno in sei. Sicuri di restare Gentile, con ritocco e riporto oltre i sei zeri, Cerella l’africano che ha la sua tribù al Forum e poche esigenze economiche come piace a chi giura di aver speso al massimo 55 milioni  nella caccia di sei anni (per chi ha perso contro una società dominante da 9 milioni o poco più una grande sorpresa: erano convinti che nella casa reale spendessero il doppio a stagione, come minimo), Hackett, per contratto (anche  se non toglieranno di mezzo i semina zizzania?), David Moss l’uomo energia che fa impazzire Armani, il vagabondo che voleva scappare sentendosi braccato, come tanti ex senesi pagati con i contratti d’immagine all’estero, dalla finanza. Per tenere O’ lione la garanzia che non sarà mai solo davanti ai cacciatori: gli avvocati ci sono per questo. Gli altri? Uhm. Anche Melli. Be’, si legge che il piccolo Lord (come lo chiama il suo capitano), piace persino al Real Madrid, si sussurra che Reggio Emilia lo sogna dopo averlo svezzato. Lui vuole capire cosa è questa ricerca di buoni numeri quattro per l’eurolega Armani. Comunque sia potrebbe restare forse più di Samardo Samuels che ha una carta di conferma, ma capisce da solo di non essere stato sempre un marinaio fedele di Ulisse Banchi.

Gli altri dovranno cercarsi pane altrove, lasciando spazio a Ragland primo ad uscire nella diaspora canturina, e ai nuovi arrivi che scopriremo quando si capirà come prepareranno la rivincita europea da Madrid a Barcellona, da Atene a Mosca, senza trascurare Pesic e le voglie del Bayern Monaco e  il solito Maccabi. Un pensiero estivo: felici per Sassari in Eurolega, ma allora perché tante storie l’anno scorso con Siena spedita a Firenze? Lo volle Minucci?  Chi, altrimenti? Ma sembrava obbligato… e ora chi  potrà spiegarci il resto?

Da Pamplona verso Trento. Ci si va perché l’aria intorno al basket organizzato dalle Aquile di Longhi è sempre buonissima. Vogliamo farlo, questo pellegrinaggio passando con il presidente del Rinco Sur dalla stele di Amblar dove sorride Franco Grigoletti. Marzemino e Teroldego, caro Grigo. L’avresti mai detto che Trento sarebbe arrivata in serie A? Noi mai. Che avrebbero avuto anche in Pascolo un azzurro che ora  sembra interessare mezza Italia, anche dove non hanno certo più soldi che a nella casa dove un tempo erano titoli mondiali, europei, italiani di pallavolo e dove sono tornati feroci ritrovando il genio bulgaro.

A Trento per guardare dal Bondone una nazionale tenera che sarà anche meno solida rispetto al resto della stagione estiva resa banale dai cervelloni FIBA, anche se la trasferta di Khmki, unica vera partita da vincere, ci crea agitazione, visto che mancano i tricolores di Armani. Certo la folla di centrocampisti lascia perplessi, ma si vede che in allenamento viene bene avere tanti ricamatori.

Milano avrà avversari in Italia? Soltanto Sassari può rispondere, forse Brindisi, Reggio Emilia e Venezia, ma non c’è trippa per nessun gatto se Bologna, Cantù e la stessa Roma dovranno restare a livello basso basso come investimenti. A proposito. Finali scudetto lontane dai campi tipo Forum hanno ancora un senso?  Si può tornare ai cinema d’essai dopo aver visto il grande delirio? Nota per i furiosi del Forum. Anche la pallavolo che ha portato 12.430 persone per Italia-Brasile dovrà scrivere una lettera di protesta al sindaco di Assago perché viabilità, posteggi sono stati un delirio.

Come un delirio  è il Palalido costruendo in formato piccino picciò. Rob de matt. Come una meraviglia il famoso censimento degli oltre 130 campetti della Mediolanum Expo. Conoscete giocatori milanesi di alto livello in queste generazioni? Una volta da Pavoniano, Canottieri, Lamber. Ricca, usciva gente da serie A, ora dai campetti cosa esce? Pesce popolo bravo solo a smanettare?

Un compito delle vacanze per gli allenatori e chi li comanda  sapendo che ogni corso costa tanto, tantissimo se poi, per poter lavorare, sei costretto a non andare e lasciare la caparra, come rispondere a quel famoso agente, Sbezzi , ormai, è  il più famoso di tutti, che alla domanda di SB sul fatto di vedere così pochi italiani nel nostro campionato dice semplicemente: ”Non  hanno coraggio, se sbagliano americano lo cambiano, con l’italiano devi lavorare duro in palestra…”. È’ lontano dalla verità?

Certo poi questi italiani sembrano trote guizzanti. Vogliono esperienze all’estero. Scappano. Cercano dinero o gloria diversa? Facciano sapere. Nel raduno di Azzurra i senza contratto, alle 12 di lunedì 7 luglio, sono Cusin, Aradori, De Nicolao, Magro, Melli, Moraschini, Poeta, Luca Vitali. Ohibò direbbero quelli che hanno scoperto il coraggio vero nella dirigenza di Biella che accompagnerà Brindisi nell’Eurochallenge. Vi dice niente questo tipo di scelte di molti fanfaron la tulipe della serie A che Marino vuole più visibile? Basta legarsi a filo doppio con chi è nato per serivire. Siamo nostalgici di una sana critica che costruiva, non sentiamo davvero angoscia guardando avanti, dove ci aspetta la mattanza di San Firmino, quando San Paganino avrà  stabilito i nuovi confini. Ci sentiamo dopo Trento.

 

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