Un minuto per Marisa Geroni

10 Marzo 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dall’oratorio savonese dei beghini dove vorrebbero rinchiudermi molti dei carissimi amici che hanno scritto, in questi casi quasi sempre bene, sul “libro” ideato da figli grati che meritano gratitudine. Ci siamo andati per incontrare Settimio Pagnini, alpino, partigiano, allenatore glorioso di un basket amabile anche al femminile, 94 anni, prima che arrivi l’orda rosa guidata da Mabel Bocchi che a fine giugno porterà sotto la torre Pancaldo, sfiorando il bosco delle Ninfe, molte delle giocatrici che hanno cavalcato nella storia di questo sport col Pagnini che davvero per alcune di loro è stato lord protettore come dice la scritta per i naviganti che passano da Savona: In mare irato, in subita procella, invoco te, nostra benigna stella.

Ci siamo andati nella terra di Pertini, dei Della Rovere, degli Einaudi, di tante stelle televisive, di Bacigalupo mani d’oro del grande Torino, per chiedere a Settimio se è riuscito a spiegarsi il silenzio di tomba federale e dei giornali nazionali sulla morte di Marisa Geroni, grande giocatrice, una Teresute che magari non era santa Cecilia, però avrebbe meritato almeno un minuto di silenzio sui campi. Anche per lui mistero. Per noi roba da matti. Il giorno della morte ci avevano telefonato da Roma per sapere qualche notizia sulla carriera. Poi silenzio. Eppure occasioni ce ne sono state, cominciando dalla partita della Nazionale a Rimini nella fiesta organizzata dalla LNP che vive sotto il ducato di Coldebella, un momento di comunione per un basket che ha una voce, un ritmo, una organizzazione, una vera e grande passione.

In giro c’era anche il Petrucci che è andato a Ferrara per omaggiare, giustamente, i 50 anni di basket del Mario De Sisti che ha davvero girato il mondo onorando la scuola italiana  che molti suoi colleghi cercano invece di banalizzare con  strane scelte. Non ridicole come quella dell’allenatore greco dell’Olympiakos che al Pireo è riuscito a far segnare 6 punti allo scatenato Langford  pur avendo una rimessa da fare a fondo campo, dalla sua parte. Ecco. Lasciate perdere e pensate più al lavoro che si deve fare in palestra ogni giorno, quella è la vera natura di chi sceglie la professione: tentare con tutti di far migliorare una situazione, un giocatore. Poi si vedrà. Anche adesso che gli agenti raccontano balle spaziali ai loro amministrati, anche a chi si sente nato super uomo perché a casa gli dicono che è troppo bravo per stare a sentire chi ha visto nascere e morire tante stelle.

Lasciare Pagnini e il mistero Geroni per correre verso la California pizzicata da una scossa tellurica, forse per capire meglio quello che ci tiene lontani, almeno in stagione regolare, dal circo NBA: ora chi sa spiegare la vittoria  su Oklahoma, del caro Durant, dei Lakers, del caro D’Antoni, sempre alla gogna dopo il massimo scarto contro i Clippers? Pochi e tantomeno quel Meeks che ha segnato addirittura 42 punti al ritmo della musica della sua Nashville per uno diventato giocatore nel Kentucky.

Non ci facciamo prendere in giro dalla banda dell’aggettivo esagerato così come il Bianchini smemorato racconta, alla sua maniera, in quel volume familiare, quando aveva tolto alla sua bella squadra romana la paura per la banda lombarda dell’Olivetti 22. Evangelista in ogni senso. Lui racconta le parabole come gli viene meglio, come faceva da grande maestro per esorcizzare diavoli, sconfiggere nemici storici puntando alla testa e non ai muscoli (benedetta sia la sua scelta): non è vero che il mondiale di calcio scippato dagli inglesi  ai tedeschi con un gol fantasma lo vivemmo insieme ascoltando la radio. Ci fu una “sosta obbligata” a Pian del Voglio e nel supplementare non riuscì ad abbandonare chi voleva vedere una cosa storica, perché le finali di qualsiasi sport lo sono, senza nessun fanatismo per il calcio pur vissuto intensamente per tantissimi anni avendo avuto un padre coinvolto come dirigente accompagnatore nel Milan, presidente dell’Enotria rifondata.

Siamo accampati nel savonese seguendo la maschera Ciciolin per capire quello che dice un campionato dove sembra di essere sulla nave che portava in Sudamerica il giovane Toscanini come lo racconta Zeffirelli: prima classe invasa dalle suore di carità, musica in mezzo, morte sotto la coperta dei poveri. Per sei elette, Milano, Brindisi,Cantù,Siena,Roma e Sassari, è già tempo di pensare a come  prepararsi per il playoff. L’Emporio Armani che avrebbe già in mano il campionato come la Juventus nel calcio, ora avrà bisogno di valutare tante cose. Europa come grande obiettivo e se andrà bene a Vitoria, contro il veleno scarioliano, allora ci sarà davvero la possibilità di avere tutto il basket che conta al Forum con una protagonista che finalmente ha comperato bene: Emporio formato Luca Banchi per le final four europee, corsa per il titolo che manca dal 1996 quando finirono i soldi facendo scappare, per poco amore locale, il Bepi Stefanel che vestiva già bene le creature amate, prima  a Trieste poi nell’infida Milano dove, lo confermiamo, per rispondere alle parole di Tanjevic sul volume dedicato ai nostri 70 anni, facevamo fatica ad aspettare che finisssero tutti i suoi lungimiranti esperimenti dove avrebbe portato Gregor Fucka a giocare playmaker.

A proposito del libro creato da figli e amici fantasiosi: ringrazio chi ha potuto scrivere, assolvo chi non lo ha fatto perché non coinvolto come il mio amico Corcione, scuso persino chi, preso dalla foga, ha confuso le cose e scritto, magari, piccole, dolci falsità che fanno bene alla loro coscienza e non credo che il direttore di questo sito, appena riparato alla coronarie, negherà a chi vuole di aggiungere altre cose. Astenersi perditempo  dall’insulto facile e meschino perché a loro non risponderemo mai.

Dunque campionato chiuso? Lo sanno quasi tutti, anche se è giusto che a Sassari, più che a Brindisi o Cantù chiedano, almeno, il beneficio del dubbio. No. Da quando Banchi ha cambiato la testa dei suoi “ sacri scorpioni” come li chiama il professor Carlà, dal giorno in cui la parola difesa è diventata religione, non vediamo problemi sul playoff a sfinimento. Una partita la vinci, su cinque, su sette, mai come diceva l’allenatore della squadra americana di hockey che vinse a Lake Placid contro i sovietici.

Tornando al  volume dei ricordi e degli amorosi rimproveri c’è quello fisso: frasi troppo lunghe, virgole un tanto all’etto, preghiere per cercare di essere brevi. Benissimo.

Siamo indignati per quello che ha fatto Varese del suo patrimonio. Non era da ricchi. Ma era da squadra dignitosa. Oa non può più pretendere di esserlo e questo senza togliere nulla alla meraviglia del Micione Charlie con i resti di Montegranaro.

Siamo sbalorditi nel sentire il nuovo americano della Virtus Bologna recitare le frasi scritte da chi sa come vanno le cose: “Sono qui per giocare duro, i play off non sono ancora perduti…” Lo diceva anche Walsh, quando all’inizio tutti accarezzavano tutti e non c’erano dubbi, come non dovrebbero mai essercene, sulla competenza e le qualità di Arrigoni. Villalta adesso ci fa sapere che questa Vu nera  non è squadra”. Ohibò.

Pagelle, pagelle gridano i viandanti della vita rapiti dalla storia raccontata da Baricco sulla Tata  Mayer, grandissima fotografa scoperta dopo la svendita della sua arte e della sua vita.

10 Alla FESTA RIMINESE organizzata dalla LNP che ha mandato segnali forti e positivi anche ai fustigatori cortesi che considerano il basket uno sport malato soltanto perché spesso si affida a stregoni incapaci, o si perde  senza pudore dietro a consiglieri che hanno vissuto il campo con la puzza sotto il naso, una puzza  che rimane, che ci portiamo dietro e fa urlare chi pur non essendo senza peccato scaglia tante pietre, da Siena a Milano, passando per Torino e Bologna.

9 Alla RETE HIP HOP per averci riportato al microfono uno come Trigari che avrebbe meritato un porto di quiete dopo la tempesta di SportItalia, per averci fatto scoprire in Matteo Boniciolli l’opinionista che non  ti fa mangiare soltanto aria fritta, per aver rimesso in sella il Peterson che dovrebbe guidare la rivoluzione mediatica della Lega Serie A.

8 Al CINCIARINI di Montegranaro, scudiero del Recalcati più vendicativo e raffinato che ha messo Varese davanti alla dura realtà: non si fanno le squadre  se prima non si controlla la gente che ti porti in casa e anche la fede di chi ha  avuto in una stagione splendida come quella che ora confonde troppe cose.

7 Al BUCCHI di Brindisi perché se è vero che ha trovato il regista sognato, se è vero che adesso vince partite a basso punteggio facendo segnare poco gli avversari, allora considerando il suo bunker Pentassuglia ci viene il dubbio che potrebbe essere la sua squadra l’ultimo ostacolo per Milano se a Sassari fanno partite ambigue come quella  contro l’Alba Berlino cadendo dalla pentola della difesa a voce nella brace della difesa “provaci tu a fermarlo”.

6 A Keith LANGFORD il texano con gli occhi di velluto che vorrebbe farci credere di essere passato nel monastero dove si  insegnano saggezza e frugalità prima delle messe cantate. Al momento facciamo fatica a credere che sia cambiato così tanto, ma, se conosciamo il priore tecnico dell’abbazia costruita per la Milano ingrata da Giorgio Armani, allora dovrebbero lasciare ogni speranza coloro che entreranno fra i miasmi del Forum arena europea che non ci qualifica cari signori, anche se Bertomeu garantisce e l’assessora Bisconti pensa che lo stellone nazionale salverà e nasconderà.

5 A Georgis BARTZOKAS, allenatore medagliato dell’Olympiakos, per aver voluto fare un clinic aggiornato a tanti colleghi europei con quel minuto di sospensione chiesto alla fine del secondo quarto mentre Milano ansimava in rimonta. Ora tutti dovrebbero sapere che i giocatori non ascoltano e, se lo fanno, capiscono il contrario perché se prendi un 6-0 in 7 secondi allora qualcosa non funziona. A lui è andata male, ma noi non ci faremmo ingannare da queste magate anche se dovessero andare bene.

4 Alla VIRTUS BOLOGNA che ha tradito una città ancora pronta a perdonarla e a crederle. La classifica tende al rosso retrocessione dopo una partenza da playoff. Succede da qualche anno. Possibile che nessuno capisca malattia e cura?

3 Alla VARESE andata per aria con la defenestrazione del Frates che, finalmente, ha detto certe verità parlando al Curierun, cosa che poteva fare anche l’anno scorso pagando il conto Scariolo all’oste Proli, rimasta in braghe di tela davanti al coraggioso Bizzozi che conoscendo quei polli non doveva mai illudersi che sarebbe bastato il sorriso a far arrivare il sole di un avvenire sempre legato ai “danè”.

2 All’ULEB se prima dei playoff europei non riuscirà davvero a purificare la zona arbitri dove senti odor di mezzucci, facendo però attenzione, lo diciamo al competentissimo amico Rigas, a non lasciare che siano le gelosie nazionali a far provuovere o bocciare direttori di gara che a Barcellona conoscono bene se è vero che monitorano tutte le partite.

1 Al CORBANI che ha portato al successo nella coppa Italia Adecco di LNP la Biella che ci manca tanto nella massima serie. Nostalgia per chi aveva lavorato alla grande, per chi ha un palazzo funzionale, per chi ha fede vera e non racconta balle. Diciamo che a Rimini abbiamo visto qualcosa, da Trento a Ferrara, persino a Capo d’Orlando del descamisado Pozzecco, a cui suggeriamo riflessioni nell’amarezza, perché non si può essere sempre al centro quando c’è da meditare davvero con una squadra che ha sofferto e lottato, che ci fa sperare sul domani dipinto in nero da vorrebbe obbligarci ad abiurare, proprio adesso che stamo contando i giorni prima della vera confessione tipica di chi è convinto di non aver fatto tutto quello che poteva fare.

0 Alla FEDERAZIONE, alla LEGA FEMMINILE, se esiste ancora, per questo giallo Geroni che ha quasi nascosto la morte di una campionessa fortunatamente onorata in maniera giusta dalla sua gente nel funerale di Udine.

(foto tratta dal sito della federazione italiana, www.fip.it. Europeo di Budapest 1964: da sinistra Nicoletta Persi, Marisa Geroni, Nidia Pausich, Teresina Cirio, Marisa Gentilin, Gianna Ghirri e Fiorella Alderighi)

Share this article