Il regalo è Danilovic

3 Marzo 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalle grotte cantabriche di Altamira dove nella cappella Sistina della preistoria siamo rimasti a parlare con le immagini del paleolitico spiegando perché chiedevamo asilo dopo gli anatemi di chi vorrebbe davvero obbligarci a disprezzare tutto di questo basket fraudolento nei conti, nelle idee, poco amabile per certa gente, tanto amato per  i moltissimi che ancora portiamo nel cuore, per mille motivi che non staremo a spiegare ai censori guerineschi e di mezza costa. Visto che non siamo entrati nel sorteggio per vedere tutto delle grotte allora fuga verso Venezia chiedendo a Carolina Kostner di volare con lei dal campanile di San Marco urlando a voce alta il nome del Brugnaro che ha spiegato bene perché il basket meriterebbe di avere qualcosa di più in televisione, ma non bastano certe cifre vere di gente che paga ad assorbire la spalla di chi gode nel vedere che tutto è in poltiglia. Eh già. Noi furbetti che godiamo per 100 spettatori in più rispetto all’anno scorso siamo soltanto ingenui. Ci sono altri sport che hanno guadagnato spettatori sapendo che nei posti dove le squadre vanno bene hanno palazzetti che sono come le grotte preistoriche di Altamira? Sarà anche questa colpa del basket senza idee? Poi quali idee ci propongono le sante comari per cambiare le cose?

Bologna, ad esempio, ha fatto una squadra adatta al suo povero bilancio, in una stagione dove ha il secondo pubblico del campionato, ma certo inferiore ai tempi in cui era davvero la città del basket, dove due grandi club dominavano la scena nazionale. La stessa cosa Varese, non ha potuto fare meglio di quello che presenta oggi la Rometta del Toti che ha preferito la bolgia del campetto in viale Tiziano per le finali scudetto piuttosto che un’arena costosa come l’Eur. Certo che bisogna ascoltare il Carlo Recalcati, che serve indagare, che ci si deve angosciare sapendo come finiranno le cose a Siena, ma la questa squadra guidata così bene da Crespi perché dovremmo mandarla nel limbo e chiuderla ai piombi già oggi ? Come finiranno probabilmente magari a Pesaro, dove lottano per non retrocedere per mancanza di fondi e non di passione o idee, come potrebbe andare purtroppo persino a Cantù se nessuno rileverà l’ingegner Cremascoli e al momento non si  vede ombra di nuovi sostenitori della causa. Tutti sanno perché Varese è fuori dai play off come squadra, ma non come progetto.

Insomma il malessere è generale, vero che anche nelle serie inferiori, non professionistiche sulla carta, ci sono scandalose dirigenze che meriterebbero la gogna, ma per questi centurioni che inseguono gli appassionati senza speranza pronti a strangolarli sarebbe venuta l’ora di spiegare, in concreto, come si dovrebbe uscire da una trappola del genere. Telefonando a Obama? Ingaggiando le figurine del grandi come ha fatto Scariolo che si è portato a Vitoria Lamar Odom e lo ha presentato al torneo ABC con il fiasco di Valencia, 55 punti segnati dal Kuka, 2 per l’ex stella NBA? Certo che il nostro basket non è diverso da tutto il resto in un Paese che ha fatto dell’arbitrofobia, della caccia al giudice, uno sport più facilmente praticabile di quelli che costano sudore vero, ma è troppo facile dire che è tutto sbagliato, poveri Bartali del sistema. Ci vorrebbe qualcosa di più del cappio per invitare tutti ad appendersi sotto i gli alberi della Virginia che non è più in nessuno dei presenti alla cena.

Non siamo sconvolti perché Bologna fa più pubblico per vedere il grande Danilovic che non ha nessun parente nella povera Virtus di quest’anno, siamo amareggiati che niente fiorisca più in una città dove tante cose cose facevano tremare il mondo, giocando al pallone, calcio o basket non importa, baseball, pallavolo, dove c’erano persino squadre di nuoto e atletica di un certo livello, dove tutto era vivace perché la gente sapeva esplorare, regalare passione, ma non è la pallacanestro la vera colpevole. Chi ha fatto alzare bandiera bianca ai grandi di allora? Chi riconosce più la città cantata da grandi artisti? Questo vale per tutti.

Al momento dettano legge i ricchissimi di Milano, possono vantare un sostegno che per altri è impossibile quelli di Brindisi, stanno raccogliendo le belle cose seminate quelli di Sassari che, evidentemente, non potevano pianificare fino al 2018 senza avere dietro una base economica  di grande livello. Questa è la crema dove avrebbe dovuto stare anche Venezia se la stagione non fosse nata così male, se  la squadra avesse avuto ancore diverse da quelle che si è data. Cosa  dovremmo fare? Sputare su tutto? Eravate voi centurioni che ci avete mandati in esilio ad Altamira a dire che Caserta e Avellino erano pronte alla resa. Ci sono ancora e hanno fatto due belle squadre, in Irpinia, addirittura, hanno portato via con un contratto migliore, il Vitucci che aveva Varese ai piedi. Certo che vorremmo un Petrucci d’assalto, ma fra i il dire dei giorni in cui veniva rieletto e il fare c’è sempre di mezzo il maltempo improvviso, la pioggia  oltre il record, la neve delle idee generali, gli attentati a Sabaudia, nel basket e anche altrove se pensiamo al camino dell’oro dove non se la passano poi così bene se l’Europa ne ha spinte via parecchie dal vertice.

Siamo amanti che si sentono traditi da memorie incerte come quella del sistema che nel giorno della morte di una grande giocatrice come Marisa Geroni evita persino di fare un comunicato, un minuto di silenzio almeno nel torneo femminile. Su certi giornali meglio sapere di che colore porterà la maschera Lebron James piuttosto che  dare venti righe alla storia avventurosa di questa Teresute che beveva nero quando era in lutto, nata a Gorizia e diventata grande nel regno di Garbosi, poi raminga nel mondo rosa dei canestri dove lei con Pausich e Persi formava il trio capinera di tante storie legate anche al periodo del Giancarlo Primo che iniziava la sua storia come allenatore imponendo la feroce ortodossia al settore femminile dove venivi considerato eretico se soltanto proponevi un pallone più piccolo e canestri più bassi come succede con la rete della pallavolo, come accadde al povero Luisito Trevisan.

Siamo inguaribili tifosi del basket a prescindere da chi lo governa adesso, dalle troppe facce straniere che lo frequentano, dal tormento per queste “famiglie allargate” dei giocatori che non arriveranno mai all’emancipazione fino a quando ascolteranno soltanto chi parla bene di loro anche se fanno partitacce, figuracce, dentro e fuori dal campo. Non si resiste nella speranza di vedere una nuova alba. Se arrivi a settant’anni è già tanto se provi soltanto a godere quello che offre il giorno per giorno sapendo che sulla corteccia ormai consumata è già scritta la data di scadenza, anche se hai dei medici come il Max tormentato da un basket che lo strega e lo appassiona, che trovano ogni giorno una pillola adatta. Ma stanno diventando troppe e allora perché dannarsi. Stiamo al gioco e vogliamo godercelo  anche se adesso andare  in tribuna stampa è quasi un’impresa come del resto sedere in tanti palazzi dove il sedile procapite è stato ideato da anoressici medaglie d’orto in perfidia come quella dei custodi che curano tutto, mai la pulizia e l’armonia dell’ambiente o degli impianti  per trasmettere e sentire.  Noi e molti come noi proviamo a godercela lo stesso questa palla al cesto del ventunesimo secolo anche se  non ti fanno vedere la partita, pure  se sei a bordo campo: eserciti che fotografano e si agitano, le famose tribune speciali per invitati  che contano, meglio se  corpulenti e maleducati capaci di allevare e scatenare virgulti dall’insulto incorporato in testoline firmate, statistiche che arrivano quasi sempre troppo tardi per le molte partite in notturna già appesantite dalla maledizione dei capi redattori, se ti bombardano con la musica  adatta ad un pubblico demenziale a cui si vieta il dialogo con il vicino, la conversazione che addolcisce le attese, lega amicizie antiche, ne crea di nuove. Diceva Porelli che al palazzo non voleva neppure la bieca pubblictà vista giornalmente come bombardamento del  suo pubblico fuori dall’arena. Lui aveva scelto l’organo, la bella musica, questi danno spazio ai rumoristi e poi si stupiscono se allevano certe piante. Finiscono per scoprrire che sono carnivore o anche soltanto urticanti.

Si resiste perché la musica di quel gioco ce la portiamo nel cuore. Non importa se  il papa è nero, se i giocatori sono bamboccioni che hanno bisogno del tutore e delle leggi speciali per avere poi lo spazio sprecheranno alla prima discoteca disponibile. Si tira dritto e ora lasciateci fuori dalle grotte di Altamira per le pagelle nel settantesimo dalla nascita.

10 A Sasha DANILOVIC per averci restituito momenti ed atmosfere che si vivono raramente e che Bologna non prova più da troppo tempo. Lui  che dirige il Partizan Belgrado, dove fanno spesso più di 15.000 spettatori anche perdendo tanto e più della sua ex Virtus, ha detto a tutti che se hai fede, progetti, poi troverai anche i sostegni, ma se affondi tutto  nella polemica prima che le cose maturino allora sarai destinato all’infelicità per sempre come succede ai grandi ex giocatori che non si arrendono all’idea di essere tramontati.

9 Al  Daniel HACKETT che non si placa e apre il campo per la nuova Armani anche nei giorni di gnagnera collettiva per difficile recupero dallo stress di eurolega. Peccato che ad andare male davvero siamo stati quelli che hanno più guardato che giocato contro il Panathinaikos.

8 Alla ‘SETTA DEGLI SCORPIONI’, quelle squadre che non dimenticano la loro natura a pungono mortalmente anche la rana che li porta in salvo, che sprecano grandi vantaggi: in settimana abbiamo visto scorpio CSKA Mosca con Messina  al veleno, la Roma di Dalmonte che stava per farsi riprendere come all’andata dalla piccoloa Virtus. Milano pensava di essere unica e sola nel clan, ora ha una bella compagnia e vista dal monte di eurolega si può credere che la finalissima del Forum non è così lontana.

7 Al BROOKS di Caserta che ha fatto un derby perfetto, 11 su 11 al tiro, ispirando anche il Moore che darà luce al gioco della Reggia così come Mayo a quello di Roma. Una testa in più sul campo non guasta mai direbbe il povero Valli virtussino, come diceva il povero Bechi.

6 Alla coppia PETERSON-ORIANI che ha reso meno triste seguire sullo streaming rosa la sfida fra le Virtus di Bologna e Roma. Bella coppia, ma adesso che si sono smascherati e quasi amati non sarebbe ora, anche come Lega, di pretendere che siano almeno sul campo  fare la trasmissione? Spese pagate dalle società? No, perché questi sono professionisti già compensati dal loro datore di lavoro.

5 Alla ferocia di BRINDISI che ha fatto fare un brutto risveglio al Bizzozi che con stile Seedorf aveva provato a riportare il sereno e il sorriso sulla panchina di Varese tolta al Fabrizio Frates che non è mai stato uno facile da amare o seguire. Certa gente non cambia mai, certi giocatori sono tristi anche se sorridono.

4 Al Marco CRESPI della bella Siena che è pur sempre quarta in classifica se non manda un telegramma a tutte le redazioni spiegando che non possono prendersi contro i suoi marinai coraggiosi le vendette  per il periodo in cui il loro protettore parlava poco con tutti, ma poi mandava in campo i campioni d’Italia.

3  Ai PESSIMISTI e ipercritici che vorrebbero costringere ad abiurare soltanto perché il basket è in mano a gente con poco coraggio, a dirigenti pasticcioni, ad arbitri che si nascondono sotto il velo per cui abbiamo in serie A  troppa gente che fischia a pene di segugio e fa durare le partite un’eternità. Non succederà, così come non cederà mai alle mode imperanti il Sahin che abbiamo visto dirigere bene sul campo di Mosca un turbolento CSKA-Kuban.

2  Alle svendite di MONTEGRANARO che fanno impressione più di quelle che hanno permesso a Siena di restare in gioco anche adesso. Momenti e fatti dolorosi, regole infrante o aggirate. Non può andare bene, ma non va  bene neppure il mercato aperto tutto l’anno. Non c’è uguaglianza competitiva e allora Petrucci batta almeno un tacco di scarpa sul tavolo della ‘nuova’ Lega.

1 Al BASKET inteso come movimento globale se Federazione, giornali, settore femminile, non hanno pensato di  far sapere che Marisa Geroni, dopo lunga e dolorosa malattia, non dovrà più aspettarsi la pelosa elemosina di stato, perché se ne è andata nel silenzio, lei che amava la vita rumorosa come nessuna altra.

0 Alla LEGGE che premia con denaro le società dove i giocatori italiani  vengono più utilizzati. Siamo sicuri che la ricca Armani, col trio azzurro Gentile, Melli, Hackett rinuncerebbe se dovesse vincere. Ma proprio pensando a questo il Pianigiani dovrebbe intervenire per dire che il premio andrà valutato sul piano tecnico, sul rischio per far crescere davvero un giocatore, non sul minutaggio. Certo che anche Milano ha rischiato investendo su chi non era ancora pronto, ma se premiamo Armani per questo sforzo minimo allora non sappiamo valutare il pensiero e la forza di uno sponsor che ci invidia tutta Europa.

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