Moretti allenatore dell’anno

18 Febbraio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal cantiere milanese della linea viola ideata per l’Expo da dove esce spesso un pulviscolo che sembra neve anche quando torna il sole. Cercare in un posto del genere il concetto di lavoro in progresso così caro a chi dirige le operazioni dalla guglia Nord del  Duomo per capire questa Emporio Armani che prende un 17-0 in un momento chiave sul campo di Pistoia, una squadra che Paolo Moretti ha fatto diventare la rivelazione dell’anno costruendola intorno a Be-beep Wanamaker, ma pur sempre un brigantino che non dovrebbe far cambiare rotta alla portaerei costruita nel cantiere del regno Armani prendendo i pezzi pregiati da chi ha vinto troppo come Siena.

Quintetti sbagliati? Certe volte Banchi ci confonde, ma possiamo capirlo se deve esplorare anime così diverse e questa volta non c’è stato neppure il patto di ferro per dimostrare che si può giocare ad alto livello anche senza Alessandro Gentile. Cali di tensione? Sì, soprattutto in David Moss che andrà anche in bicicletta agli allenamenti, ma sembra aver perso la misura al tiro e la rabbia vera, anche se la difesa regge sempre per merito suo. I centri vagotonici? Eh sì. Se funziona Lawal non vedi Samardo Samuels e viceversa. Non entrano nel meccanismo con la stessa rabbia Wallace e Kangur? Succede con i reduci da operazioni delicate. Dipendenza totale dal Daniele leone Hackett? Questo non doveva e non deve succedere. Si vede bene che la squadra è sua e lui la deve guidare, ma deve provare a farlo con  guanto di ferro in mano e idee di velluto perché il tango della gelosia ha spezzato sul nascere regni che sembravano destinati a durare e crescere e non essendoci un muro vero dietro la squadra, dietro Banchi e il suo staff, è necessario che ogni attore sulla scena sia  sempre personaggio in cerca di autore, o almeno faccia finta di esserlo. Hackett senza più le liane rasta. Una meraviglia con la faccia da Gunny nel campo base dei marines balbettanti. Capelli tagliati in massa o quasi. Resiste soltanto Moss e ora dovranno cercare di capire perché vuole farsi notare ancora di più: dentro o fuori dal campo?

Dicevamo di Moretti che è quasi sicuramente l’allenatore dell’anno anche se in lotta con Micione Charlie Recalcati. Tutti e due stanno andando nella tana del lupo incredulo con quella faccia da buoni stranieri in un basket omologato su giochi senza passare la frontiera delle dedizione mentale. Si lavora sui fondamentali, sulla preparazione atletica per avere sempre una difesa  vera, ma si deve fare altrettanto sulla testa dei giocatori  quando li vedi più fragili: i soldi, ma anche i consigliori, gli amiconi dell’ultimo brindisi e del ballo sul tavolo.

Avremmo detto questo, se la vigliaccheria da addio commosso non ci tenesse sempre più lontani dai cari estinti che veneriamo e abbiamo venerato, al funerale di Giannino Asti dove c’era il cuore vero del basket bosino, ma soprattutto lombardo con Alberto Mattioli neopresidente  eletto senza unanimità bulgara, anche se poi è stata la sua squadra dirigenziale a vincere davvero per garantire alla regione che faceva da faro al sistema e, soprattutto, il pagamento degli arretrati agli arbitri un mondo strano, una satrapia dove devi allinearti se vuoi coprirti come vi direbbe il bistrattato Sahin  lasciato fuori dalla coppa Italia e mandato a Pistoia per una partita delicata con i quasi esordienti Paglialunga e Borgioni che hanno funzionato un po’ come lo streaming rosa, a singhiozzo,  ma sono stati almeno più decenti di altri visti in questa stessa giornata. Aspettiamo un comunicato esplicativo sulla decisione di non  fischiare infrazione di campo per Cantù sul tocco del polacco così evidente. Ma non importa. Tutti sbagliano, anche da sotto e allora perché fare i citrulli infelici come troppi giocatori? Eh sì. Prima di andare a cercare il pelo dell’uovo nei palloni sfiorati per rimesse ritardate sarebbe meglio togliere da certe facce il  cerone del “oh mio Dio, mi dai il fallo adesso che arriva mio marito”. Fra gli indiziati  un Melli che insiste con lo stupore orrore anche quando si aggrappa alla maglia altrui. Non va bene per un giocatore in vero progresso tecnico.

Tornando a Gianni Asti , c’era un mondo vero intorno a lui cominciando da due ex eccellenti presidenti federali come Maifredi e Meneghin che lo sostituì dopo la congiura  del sorriso fasullo. Il basket sa ancora andare dove lo porta il cuore. Non lo dimentichi Petrucci ora impegnato nella battaglia per garantire una vecchiaia decente all’ex azzurra e grande giocatrice Marisa Geroni a cui hanno amputato altre dita della gamba rimasta. Certo tutto è nelle mani del Consiglio di Stato e allora ecco il consiglio: voi ex giocatrici, voi della Giba, chi può insomma, cominci a raccogliere un fondo per dare questa speranza.

C’è un mondo speciale anche intorno alla NBA dove la gelosia del Bryant che, proprio per questo, viene considerato dagli americani  molto italiano, ci porta alla festa delle stelle. Lui, Kobe non mette Lebron James fra i grandissimi. Preferisce, e ci mancherebbe, Bird, Magic, Bill Russell, ma poi ha la tentazione di inserie il suo nome  su questa montagna presidenziale e qui si sbaglia. Non si sbagliano, invece, gli amici bolognesi di Belinelli a celebrare la settimana del “milagro” italiano nel tiro da tre punti che sembra aver contagiato anche molti in casa nostra perché tutti hanno abusato del colpo alla gola delle difese. Avremmo voluto passare la notte da Ugo a Rivabella dove Belinelli andava spesso con i suoi amici. Tagliatelle e tigelle che magari rimpiange sul pollo texano. Un posto magico che deve vivere per sempre e forse è per questo che la Bologna di oggi non sorride così tanto alle squadre che vanno in campo, quello vero del Pala Dozza, quello europeo di Casalecchio.

Ora godersi e prendere la luce da questo avvenimento ha un senso se poi non si esagera su una gara di tiro a segno. Lo dice lo stesso Beli Alatriste che vuole qualcosa di speciale sul campo dove la gente si appassiona davvero alla difesa: lui spera di averlo, un anello NBA, ma intanto ha fatto passi enormi dove non tanti giocatori della scuola italiana, grazie Sanguettoli prima di Messina, Tanjevic e soprattutto Repesa, hanno fatto altrettanto. Lui è un giocatore importante di San Antonio. Non lo è stato altrove. Neppure a Chicago anche se in quel cerchio magico è cambiato al punto che non lo abbiamo quasi riconosciuto all’Europeo, anzi, eravamo diffidenti e rassegnati alla vigilia di Capodistria dove lui alla guida di Azzurra Tenera ci ha stupito davvero. Poi è saltato per aria perché la fatica mentale era troppa, perché anche lui vedeva più rosso che azzurro. Ora Petrucci ha promesso ai cittadini di basketlandia e agli orbi che la bastonano regolarmente di cavalcare sulla scopa del Potter di Sangio in Persiceto. Ci  mancherebbe.

Aprire le porte, lo ha fatto persino Minucci che a Siena parlava due volte all’anno, ma ora, come presidente di Lega, è pronto a chiacchierare con tutti, soprattutto con i molti che sembravano non informati sul fatto che lui un programma lo aveva proposto, ma lo si teneva nascosto per non urtare la suscettibilità del presidente in carica. Dai, ragazzi, non prendeteci in giro. Fate i bravi e lavorate insieme. Meglio se nel gruppo creativo entrerà, come si pensava, il più inventivo di tutti, il Sabatini che scriveva ad Obama e voleva Bryant alla Virtus, soprattutto adesso che ha tagliato tutti i ponti con la società bianconera perché non in sintonia con Villalta. Un male, un bene? Saranno i poster  a dirci come  si vedono le cose, i poster dei tifosi in tribuna che ora fanno legge e politica perché  li notano tutti, persino quelli che non vedono petardi e bombe carta, ma sanno ancora leggere come direbbero a Milano quelli che hanno portato il loro malcontento sino a Pistoia per far sapere che Portaluppi li aveva denunciati. Qui è il bello. La società nega. Nega? Allora cosa è successo nella secondaria del Lido. Tutto a posto? Giusto così? Mah.

Felicità per il genio creativo di Kyrie, che nome, Irving che ha colpito persino LeBron James come inventore di gioco, ma la sua origine a Duke fa pensare che Cleveland non lo vedrà volar via con le recite del “prescelto”. Premio ad un ventunenne nella fiera NBA. Unica cosa da vedere e notare, a parte il differente atteggiamento dei grandi, perché Durant è lo speciale inimitabile.

A proposito di cose speciali ecco la bella storia di Davide Moretti, figlio di Paolo il dolce, giocatore classe 1998 della Stella Azzurra Roma convocato alla preselezione di Barcellona per scegliere fra 38 speranze europee i dieci che andranno al Jordan Classic di Brooklin. Ha scelto Roma, una scuola difficile, una grande società. Ora come diceva sul feretro di Gianni Asti il commosso Carlo Nicora, presidente della Robur et Fides Varese, la culla, la sede aristotelica della grande scuola, questi sessant’anni rubati in mochi mesi, prima il Trombetta che amava i suoi fioeuu e poi lui il maestro, vanno onorati e protetti in tempo di crisi. La stessa cosa per la Stella Azzurra perché non esiste in Italia un progetto per lo sviluppo dei giocatori italiani più bello di quello della società romana che non si fa notare, non chiede quasi mai, ma è una cosa vera.

Pagelle in una settimana dove il basket ha meritato e merita di apparire sui notiziari. Vero che gli altri si interessano se esiste qualcosa per cui interessarsi, ma non diteci che un campionato dove vanno tanti spettatori paganti è roba da poco, non date colpe al basket se non sempre si può avere l’attenzione per suicidi, droghe, truffe, partite vendute e o comperate, se fate caso quando c’era arbitropoli al basket pensavano tutti, molto meno che ai fondamentali dei loro virgulti in divenire.

10 A RECALCATI perché prima del capolavoro sulla molle Virtus, prima di andare lancia in resta a chiedere che i suoi giocatori di Montegranaro potessero pagare almeno il lattaio, si è commosso vedendo le foto della nazionale di Jim Gregor trovate da Arturo Kenney nell’archivio del grande rosso, grande prima del numero 18 dell’Olimpia quando ancora non portava il farfallino.

9 A Marco BELINELLI per essere stato alla ribalta senza mai dimenticare che nel suo destino di esploratore in viaggio con le tigri sull’oceano NBA c’è, prima di tutto, l’affermazione come giocatore: tirava benissimo in Italia, poi parabole tese da secondo ferro, via ritrovata con lavoro umile, magari ascoltando, ora è pronto a tutto. Difesa, squadra intesa come vera e unica famiglia e  a San Antonio può completarsi davvero.

8 Al VITUCCI di Avellino che ci ha messo un po’ ma sta tornando con la sua sciabola da doge che sa leggere nella testa altrui. Attenti  alla squadra purificata che se domenica ferma  questa Cantù un po’ confusa anche se Aradori fa tanti punti, allora scopriremo che anche fra i lupi si possono fare cose importanti come ai tempo della coppa Italia del Boniciolli, ma è significativo questo periodo senza giocatori spocchiosi da addolcire in spogliatoio. Allenatori con società forti alle spalle reggono e vincono di più.

7 Ad Erick GREEN di Siena non tanto per la partita quasi perfetta giocata contro Pesaro, che ci ha ricordato perché il talento era atteso dopo essere stato capocannoniere nella NCAA, ma per il commovente commento del suo allenatore Crespi che ammette di avere un campione a cui, spesso, bisogna ricordare cose che dici in palestra a quelli che hanno 17 anni. Lo facessero tutti  allora avremmo davvero tanti giocatori, anche stranieri, migliorati in più come dice con fede il Michelini televisivo.

6 Alla PALLAVOLO che ancora una volta sta pensando alla rivoluzione nel sistema dei campionati di vertice, una cosa che avrebbe dovuto fare da tempo la Lega basket appoggiata da una Federazione che alla serie A deve chiedere soltanto la disponibilità obbligata dei giocatori per la Nazionale, mentre il resto deve  essere deciso dalle società che pagano, pagano e incasano soltanto dal pubblico pagante. Palazzi piccoli, franchigie  che non garantiscono? Si cambia, si mette in vetrina il meglio, meglio ancora se lo si potesse fare tutti insieme.

5 A Romeo SACCHETTI che continua a prendere in giro i “corvi” che da troppo tempo gli dicono che con il suo basket non si vince. Si goda il trionfo di Milano su Milano, Reggio e Siena, ma pensi anche a come è arrivato a quel trofeo, cosa ha dovuto passare e al finale contro la Mens Sana. Se non farà questo si troverà sullo stesso ramo tutti quelli che adesso lo considerano imperatore per le partite di un giorno, non per le corse a tappe più dure. E Sassari ha speso tanto per essere almeno in corsa con la Milano che ha pure speso un terzo di più.

4 Ai RADUNI AZZURRI voluti da Pianigiani a Roma, non certo perché siano inutili, anzi, beata l’ora che le nuove generazioni di giocatori si abituino a nuovi linguaggi e metodi di lavoro, ma per questa prosopopea  sulla convocazione che  confonde molte testoline alla ricerca dalla gloria facile. Non è la vera nazionale, soltanto un centro ricerca. Devono saperlo i giocatori e i loro famigli, quelli che vivono di luce riflessa.

3 A FRATES che si è trovato con la Varese peggiore quando era già convinto di aver passato la nottata. Capita se ti fai ingolosire dagli elogi di chi ha sempre sotto il tavolo la lupara. Doveva saperlo e il vento del perdono non funziona con certa gente.

2 A Dan PETERSON che si scusa per i balbettamenti delle immagini streaming in rosa. Lui non c’entra davvero e non dovrebbe  essere in studio, ma sul posto, così come uno sport serio non avrebbe mai accettato di essere trasmesso in questo modo. Certo che si deve esere grati alla Gazza, ma non siamo grati a chi  nella cerca certosina ha trovato così poco.

1 Alla SPAGNA che continua a farci sbavare invidiosi. Vedi i loro impianti, pensi alle loro scelte, guardi al lavoro in eurolega di Bertomeu e poi pensi a noi, alle nostre partitine del lunedì. Ma come fanno nella Liga ACB ad andare in campo anche 48 ore dopo partite dure fuori dai confini? Pensi che la Milano europea porterà Malaga a Desio, ma sulle stesso campo porterà anche la Virtus Bologna per un classico che un tempo meritava  visibilità oltre i telegiornali. Non è bella Desio? Non è questa la critica, avercene di campi come quello dove avremmo visto bene la svolta della stessa Cantù.

0  Al carissimo modenese VALLI, neo allenatore della Virtus  Bologna appena subentreato a Bechi, non tanto per la sconfitta a Montegranaro con avversari che avevano certo qualche problema in più dei suoi, ma per quella giustificazione da scuola papalina: siamo entrati troppo molli. Lui pensa che lo abbiano chiamato perché questa Granarolo ha mostrato, nel tempo del campionato, di essere squadra più presuntuosa che vera ? O si è illuso che sarebbe bastata una settimana urlando difesa difesa per cambiare certi atteggiamenti? Se è così vada da Villalta e restituisca il mandato.

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