Ricchi e poveri

27 Gennaio 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni prima di risalire dopo tanto tempo su un aereo diretto a Napoli dove Roberto Di Lorenzo, uno che lavora nella miniera dello sport con lo stile dei granduchi come il geniale Antonelli, ci porterà nel cuore del centro sociale polivalente La Gloriette per la presentazione del libro sull’Indimenticabile Rubini curato, come dice l’invito, da Sergio Meda e dal sottoscritto, un incontro voluto dall’organizzazione Milleculure e Vivi Basket in collaborazione con Orsa Maggiore e USSI Campania. Ci si ritrova in via Petrarca, tanti appartamenti in vendita, dopo il parco Cafiero, a due passi dal mare e dall’altro parco Miranapoli, distante una vita professionale dai giorni in cui si stava all’hotel Vesuvio inseguendo prima Maradona e poi la nazionale del Mondiale inchiodata proprio dal Pibe, si frequentava la Sacrestia, non per farsi benedire, ma soltanto per avere consigli giusti sul pesce del giorno, si lavorava a Castel dell’Ovo, sognando di ritrovare la Ignis Sud del paron Zorzi, di Gavagnin, Maggetti, Vittori e ancora si sperava che Salerno facesse o miracolo che poi è svanito con la coppa Italia del Bucchi oggi primo in classifica per i colori di Brindisi.

Erano giorni da ricchi, adesso siamo alla povertà controllata come direbbe Gianni Petrucci, che ha vissuto con ansia questa rinuncia alla “matta” per il mondiale spagnolo di settembre, anche se parte a fine agosto, aspettando la reazione mediatica e tirando un sospiro di sollievo davanti alla quasi unanime comprensione della scelta. Sì, chi ne sa di più, magari pedalando lontano dal suo castello dei misteri, fa sapere che la rinuncia per fare bella figura era scontata sapendo che Grecia e Turchia avevano di tutto e di più, economicamente parlando, per entrare nel gioco dove, lo sapete, all’ultimo europeo le hanno prese, come del resto i russi che seppure straricchi non sembrano interessati ad altri bagni nell’incomunicabilità delle nazionali non percepite e sentite dai giocatori, dalla nostra Azzurra Tenera a cui mancavano due giocatori chiave come Gallinari ed Hackett che avrebbero potuto farci conquistare sul campo il posto per il torneo mondiale. Erano infortunati. Ah sì, scusate, mancava anche Bargnani ma a Toronto non se ne sono accorti da quando è andato via e a New York fanno fatica a capire se Carmelo Anthony il cannibale è rifiorito con la partitona record da 62 punti, la solita vendetta sul D’Antoni materasso con i Lakers più dimessi della storia, proprio perché non aveva più di fianco il nostro Amleto dal tiro bellissimo, ma con poco altro per farsi ricordare su campi dove non basta mai il talento, ci vuole ben altro.

Chiedetelo a chi sbatte la testa sugli zero scarabocchio degli Imbrò, chi fa fatica a trovare minuti importanti nei momenti decisivi ai virgulti della nobile scuola italiana. Quando giocano questi italiani che sono il nostro futuro, anche se a noi sembrano il futuro anteriore del gioco, danno sempre l’impressione di essere sulla tavola delle navi pirata, non sanno dove andare, se arriveranno a salvarsi e questo lo vedi anche nelle facce degli allenatori che girano con il cartello “noi siamo coraggiosi”. A parte il Sacripanti primo in classifica che mescola così bene talenti di mondi diversi, usando al meglio pure italiani giovani e maturi, vediamo grandi sofferenze dove c’è da rischiare e ci è venuto in mente nella tonnara di Brindisi dove Roma ha avuto anche buoni minuti da Moraschini, ma nella volata poi perduta non c’è stato più spazio per lui. Dalmonte aveva deciso per il quintetto di solo stranieri, adesso che D’Ercole si fa trascinare nel gorgo dalle partitacce del Taylor a cui dovrebbe dare il cambio e un messaggio importante invece di fare il depresso del collegio, ma ha scoperto che lontano da “casa” molti soffrono la nostalgia del fischio compiacente e non è un caso, come succede sempre nei gironi di ritorno, che la diciassettesima giornata abbia dato una sola vittoria in trasferta. Dove? Ma a Bologna, campo grande dove magari prendono mille, duemila euro di multa a partita, però non fanno classifica come in altri posti.

No, non chiedetelo a Milano di cui ancora non sappiamo la reazione alla beffa dell’Abdi Ipekci di Istanbul dove quel fanfarone di Planinic ha dichiarato al Tosi inviato della Gazza, non ancora Bet, che lui si allena su quella sbracciata da giocatore di tamburello, forse è l’unica cosa che prepara nel lavoro perché quando va in campo per giocare a basket ne combina davvero troppe e non è difficile capire perché parte dalla panchina, perché Mahmouti è saltato in aria.

Cosa avremmo scritto dell’Emporio senza quel tiro inventato? Che aveva usato bene le tenaglie difensive anche in trasferta, salvo illudersi di poter mangiare zucchero anche se è squadra diabetica nei suoi viaggi. Sono bastate tre o quattro sbandate per egoismo, palla bloccata, tiri a capocchia, difesa con ammirazione del povero avversario angosciato che, magari, era il Savanovic tutto chiazzato alla ricerca del genio perduto, un rifugiato dei tiri ignoranti e delle scelte bitorzolute. Poteva e doveva vincere per assicurarsi un posto giusto nella fase ad otto dove si giocherà al meglio delle 5 partite. Il quarto posto vorrebbe dire Real Madrid e non è detto che tutti abbiano le armi del CSKA, la rabbia del Messina che divide il samovar milionario con Fabio Capello e di Mosca ci fa sapere sul Curierun che sta diventando infernale per il traffico (solo?), un po’ come diceva quel tipo a Benigni sosia di Johnny Stecchino. Insomma serve fermare subito il risveglio turco che vola su tutto, con lo sponsor capace di garantire alla nazionale un posto mondiale, tre su tre nell’ultimo turno e vedremo al Forum se Obradovic ha ritrovato il Fenerbahce perduto in questa seconda fase europea. Sarà la partita chiave per Banchi e per Milano che ha già capito di avere lo scudetto in tasca perchè tutti sanno far di conto e nessuna avversaria regge il confronto anche se ha la fede di Cantù, la genialità del Pino Sacripanti, aspettando che Sacchetti ci dica cosa vogliono fare i suoi “campioni” adesso che dovrebbero avere quasi tutto: certo la fame è una cosa diversa e a Sassari vogliono troppo bene a tutti per chiedere che chi ha il pane non perda i denti e viceversa.

Torniamo a Napoli perché finisce con questa presentazione il viaggio ideale nell’anima del Principe. Da Trieste alla città che lo ha cambiato, maturato, arricchito umanamente. Di Lorenzo era felice, come tanti del resto, quasi tutti se non ci si ferma al Lido e non si chiede un parere a chi comanda nell’Emporio, per la scelta federale di intotolare a Cesare Rubini il trofeo delle Regioni per under 14. Speriamo che qualcuno spieghi a quei ragazzi chi era davvero l’uomo a cui è intestato l’ultimo premio, non stiamo parlando del libro da vendere per tenere in piedi la fondazione destinata a creare borse di studio per nuovi allenatori, quello lo si acquista per il piacere di farlo, non per un regalo federale adesso che l’etica fa frinire di gioia tante vecchie cicale, adesso che abbiamo scoperto che lo stipendio meritato del Pianigiani è, più o meno, come la cifra richiesta dalla FIBA per la finta corsa verso la carta selvaggia che già sapevano di voler regalare ai turchi super sponsorizzati e ai greci che saranno anche alla canna del gas come dice Markaris, ma poi trovano quattrini per avere squadre vincitrici in eurolega e per mandare la nazionale dove non si era meritata di essere.

Pagelle prima di correre alla Bersagliera di Mergellina, anche se ci aspetta un treno rapidissimo perché dopo Napoli ci si ritrova a Bologna, ristorante del Diana, sotto lo specchio, per la prima riunione dei soci nella fondazione Porelli dove dovrebbe esserci anche il Renato Villalta che è andato spesso a trovare idealmente l’avvocatone per chiedergli cosa succede alle Virtus di nuova generazione se ogni anno, dopo partenze entusiasmanti, arriva la crisi e questa volta non si può neppure dare la colpa a Sabatini che a Natale dava permessi molto lunghi a giocatori capaci, poi di prenderne di lunghissimi per lutti familiari, malattie infantili, paturnie in casa. Certo serve la voce dell’avvocatone, ma anche quello che la Paola dava in regalo, con ironia, attenzione, a tutti i ragazzi nella sede virtussina quando si sentivano sperduti, abbandonati, quei giovani talenti a cui devi stare dietro sempre, in allenamento e anche fuori. Certo che lo devono fare i tecnici, ma il dirigente sa spesso dire cose che gli allenatori non ricordano più. Vale per Villalta, ex grande giocatore, vale per Arrigoni ex allenatore di buona qualità, ma ora investito di un ruolo più ampio rispetto a Cantù, stiamo parlando anche del periodo in cui non voleva decidere tutto l’allenatore argonauta Trinchieri.

10 Al PETRUCCI sereno dopo la rinuncia alla corsa mondiale, impossibile politicamente e anche sul campo dopo i troppi infortuni e quest’aria fasulla che si respira quando arrivano tutti gli scout NBA con i loro taccuini belli unti, inviati da Circe per far credere a tutti che c’è un posto nel regno dove Stern ha fatto legge, ma dove Datome non ha ancora trovato uno spazio, anche se lui ci dà dentro e come successe in Italia, quando volava lontano da Siena, prima o poi, avrà il suo premio, anche se il tempo corre veloce.

9 Al micione Charlie RECALCATI arrivato alla 500esima vittoria che da noi vale le 1.000 di coach Key (per il nome scritto e pronunciato giusto citofonare a Sky) come chiamano i fedelissimi il bicampione olimpico di Duke. Vale doppio perché qui devi risvegliare coscienze, trovare soldi per pagare molti stipendi arretrati, fare casino per richiamare l’attenzione sulle scimmie di controllo legaiolo e federale, cercare le motivazioni per chi è stanco e non ne vuole più sapere. Certo questi viaggi da e oltre il confine dell’agonismo falsano un po’ tutto, ma certo devono vergognarsi di più quelli che perdono contro avversari che prendono a fine gennaio quello che dovevano avere tanto tempo fa.

8 Alla vicepresidente federale CREMASCOLI che sembra davvero stupita di trovare in testa alla classifica la “sua” Cantù a cui dirà addio a fine stagione, ma che si diverte scoprendo che esiste anche un altro modo di allenare una squadra, di lavorare per una società, che possono esserci uomini capaci di fare un banchetto anche se nella dispensa c’è poca roba.

7 A Kevin DURANT perché, come accadeva ai tempi di Lary Bird, ci piace la sua normale ferocia e ammiriamo più il suo talento dello scintillante corteo che porta in giro i LeBron James e i Carmelo Anthony nella fase della stagione NBA dove qualcuno, cominciando dal Barocci del Corsport, ammette di sentire spesso quel profumo che una volta faceva indovinare dove organizzavano feste a pagamento con signore compiacenti. Con Durant ci sembra sempre di essere nel mondo della fatica vera, altrove è tutto diverso e noi preghiamo che la povertà ci obblighi a non arrivare mai nella galera dell’uno contro uno a prescindere, del pick and roll da sfasciare o da cementare.

6 Al professor Cesare PANCOTTO che non ha mai venduto fumo, uno capace di rimettere insieme squadre malate senza magie, lavorando, cercando giocatori utili. Lo ha fatto sempre quando comincianva dal primo giorno, ci riesce benissimo anche se lo chiamano per la respirazione bocca a bocca come fece ad Avellino l’anno scorso e adesso a questa Cremona che, finalmente, è diventata torrone, torrazzo e bella tettazza per il Vanoli che disperato si domandava sempre: ma cosa vogliono di più da me questi mercenari del canestro?

5 Al GORDON lingua lunga che ha irritato Sabetta, Chiari e Martolini, trio super facchiniano, dando un calcio a tutto quello che stava facendo Sassari per vincere contro Cantù: ha rovinato la sua bella prestazione sul campo prendendosi un doppio tecnico, ha mandato all’aria il piano di ripresa del povero Sacchetti che ancora una volta deve presentarsi alla gogna dicendo: sappiamo farci male da soli.

4 Alla FIBA vorace che sceglie le squadre per un mondiale valutando la loro forza economica prima di quella tecnica. Ora è verissimo che l’Italia economicamente è quasi al verde e pure tecnicamente ha problemi, però hanno visto tutti cosa è stata capace di fare in Slovenia, nel bene e nel male, e allora perché fingere di essesere costretti a scegliere basandosi sul valore del basket in certi paesi? Vediamo palestre stamberga e posti vuoti anche altrove. Certo hanno più copertura televisiva e, speriamo, gente che non risparmia sul carattere da usare per dare punteggi, tempo, piccole informazioni .

3 Alla VIRTUS BOLOGNA che ha tradito il patto d’inizio stagione dove tutti avevano accettato di essere quello che in realtà avevano in saccoccia: buoni giocatori che potevano diventare migliori lavorando e sudando insieme. Non accade da molto. Colpa di tutti. Si dice sempre così. Ma poi finirà che a pagare saranno quelli che sapendo una cosa del genere non dovevano farsi mettere in trappola da chi sa dove trovare la spalla su cui piangere.

2 Ai LANZICHENECCHI che stanno tormentando CASERTA ed AVELLINO. Alla Pasta Regia fischiano Hannah, ma poi se lo tengono, alla SIDIGAS perlomeno hanno messo fuori rosa Dean e Richardson anche se a qualcuno viene il sospetto che sia scoppiata la gran lotta di sempre fra certi lupi, anche se crediamo alla società quando dice che ogni pendenza è stata onorata.

1 Al COURNOOH che spinge Siena verso la rimonta del riscatto dopo tante giornate tristi perché vorrebbe smentire da solo la nostra teoria disfattistica sul pericolo di affidarsi troppo ai giovani della nostra scuola. Lui è un bel talento, ha il cambio di velocità da basket di alto livello, ma poi cala nelle notti buie di certe partite, la testa non è un optional e lo dicono tanti allenatori a cui hanno affidato gli ori delle giovanili. Vero che lo fa anche l’Haynes esiliato da Milano, ma è pur sempre un vergine, che ancora si chiede perché e poi ti fa prestazioni dove il suo tiro da tre diventa una palla al piede per una squadra che, fortunatamente, non ha perso l’amore della sua gente anche adesso che sa di dover abdicare.

0 Al GENIO che ci propone come diretta RAI della prossima domenica, sera di Juventus-Inter, la partitissima Reggio Emilia-Montegranaro. Già è demenziale giocare all’ora delle migliori partite di football, figurarsi cosa vuol dire offrire una partita fra la penultima in classifica ed una squadra che da un po’ di tempo batte in testa. Perché lasciare Venezia-Varese allo streaming petersoniano? Perché non fare luce sul Bologna-Siena che è davvero tormento per grandi piazze e grandi società? Al limite, cara Rai, se non sai dove mandare la tua gente dai un occhiata nella Lega Gold perché gli oltre 5.000 per il derby vinto da Torino su Biella spiegano meglio la nostra vita fra ricchi e poveri, fra ignoranti e disperati.

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