La passione per Bocelli

23 Ottobre 2013 di Paolo Morati

Andrea Bocelli

Andrea Bocelli si conferma un personaggio di caratura mondiale, perlomeno (anzi, non solo) guardando ai numeri, con il suo nuovo album Love in Portofino, dal vivo, facilmente destinato a posizionarsi ai primi posti delle classifiche di mezzo mondo (dopo un giorno è già nella Top inglese e americana di Amazon). Questo dopo che il precedente, Passione, era entrato direttamente al numero 2 delle charts americane di Billboard (dietro alla teen star Justin Bieber), oltre che nelle top 10 di Paesi difficili come Regno Unito e Irlanda. Episodi discograficamente eclatanti di una storia partita, a livello mediatico, molti anni fa dal Festival di Sanremo. Anno 1994 vittoria nella sezione nuove proposte con il brano Il mare calmo della sera, arrivata dopo il debutto come vice Luciano Pavarotti nel tour Miserere di Zucchero di un anno prima. Quindi l’esplosione in Germania e nel resto del mondo (Paesi anglosassoni compresi) nel 1996 con la versione internazionale di Con te partirò intitolata Time to say goodbye in duetto con Sarah Brightman. Il resto è storia.

Inquadrabile nella categoria dei tenori in grado di reggere anche sul fronte pop, caratteristici in tal senso i suoi cambi di registro, il caso di Bocelli è comunque unico nel panorama musicale italiano. Tanto che ormai da anni quando pubblica un nuovo album ottiene un successo pressoché plebiscitario in termini di vendite, per non parlare dei suoi concerti, mentre alcuni appassionati di lirica talvolta storcono il naso quando si avventura sul terreno operistico. Non siamo sufficientemente preparati per dare un giudizio tecnico in tal senso, ma l’affermazione planetaria di Bocelli fa da spunto per ragionare sul perché un certo tipo di voce e impostazione sia stata in grado di sfondare in modo così deciso sul mercato mainstream. Al di là della storia dei grandi tenori da Enrico Caruso in poi.

La svolta commerciale del genere (nel senso di vendite) l’aveva già innescata Luciano Pavarotti qualche anno prima, capace di entrare nelle classifiche di ‘musica leggera’ con alcuni suoi dischi oltre che con la serie dei tre tenori (in compagnia di Placido Dominigo e Josè Carreras), e rilanciando poi con la già citata Miserere e le esibizioni al Pavarotti International. Il caso di Bocelli però è diverso e rappresenta un salto di qualità, perché si tratta di un cantante che si muove con disinvoltura su due piani paralleli – leggero e lirico – in grado di toccare le corde giuste del pubblico come nessuno prima. Misurato nelle interviste e nella scelta del repertorio ha di fatto ampliato la moda di portare esponenti del bel canto a confrontarsi con un repertorio più accessibile alla massa. Una particolare contaminazione che tanto successo ha avuto appunto dagli anni ’90 in poi.

Altri ci hanno quindi provato a entrare in questo filone che sostanzialmente riprende in mano, rielaborandola e modernizzandola, quella tradizione italiana che gli ‘esterofili’ vorrebbero mettere da parte considerandola ormai superata. E in tal senso è interessante come gli Stati Uniti nella loro interezza (quindi non solo il pubblico latino) si dimostrino un terreno estremamente ricettivo tanto che proprio in quest’ultimo anno i tre ragazzi de Il volo – usciti da Ti lascio una canzone – sono anch’essi riusciti a guadagnare un certo spazio su quel mercato, piazzando i propri dischi in classifica e accompagnando di recente Barbra Streisand in tour. Tornando a Bocelli, mentre scriviamo arriva la notizia che si è diplomato in canto al Conservatorio Puccini di La Spezia. Argomento della tesi e buono spunto di discussione: “Il valore e il senso del canto lirico agli inizi del terzo millennio”.

Share this article