Ringraziando Giomi

13 Agosto 2013 di Carlo Vittori

L’Italia atletica di Alfio Giomi non ha portato e non porterà in questi Mondiali un solo uomo nelle finali delle gare di corsa, dai 100 ai 5mila (nei 10mila non c’erano batterie ed in ogni caso Meucci è finito 19esimo), ma ha senz’altro vinto la gara del sorriso. Giomi sorride, a volte addirittura ride, ogni volta che appare in televisione, sottolineando entusiasmo e combattività della spedizione azzurra. Dopo l’argento di Valeria Straneo, cioé di una che alla federazione non deve niente (persona eccezionale e donna d’onore, la maratoneta, d’altri tempi nell’accezione migliore del termine), ha vissuto ore di esaltazione mediatica che spera di replicare con Trost e Greco. Una situazione già vista con altri presidenti: aspettative esagerate su quei pochi atleti buoni, che in caso di insuccesso sarebbero additati come colpevoli, e silenzio sul fallimento generale. Luce finora arrivata da un altro anziano, il bravissimo Vizzoni nel martello, e da un quattrocentista ritrovato come Galvan. Che se non avesse tirato alla morte in batteria, mal consigliato, forse si sarebbe giocato qualche chance per la finale. Insomma, il direttore tecnico Magnani avrebbe molto su cui riflettere e magari fra un’intervista e l’altra avrà capito come mai quasi nessuno dei suoi convocati finora si sia avvicinato non diciamo alle medaglie ma almeno ai propri standard. Tornando al campo, in una classifica delle controprestazioni imbarazzanti metterei ai primi posti i siepisti di lunedì mattina. Due su tre squalificati, questo sì un record mondiale, nessuno in finale. Valeva la pena di perdere la faccia per Chatbi? Uno che ha tradito, in senso sportivo, prima il Marocco scegliendo l’Italia e poi Bergamo scegliendo la Riccardi, ma che soprattutto veniva da tre anni di stop per doping. Nemmeno un atleta da medaglia avrebbe giustificato questa caduta di etica, figuriamoci quindi Chatbi. Ci sarà tempo per i bilanci mondiali e per parlare del passato (molti lettori di Indiscreto mi hanno fatto pervenire le loro domande: li ringrazio per l’interesse che ancora sa suscitare l’atletica, risponderemo quando l’attualità diventerà meno pressante), adesso concentriamoci sul presente. Fatto di atleti che perdono con il sorriso sulle labbra, tranne qualche eccezione (mi vengono in mente l’arrabbiata Grenot e la Rosa in lacrime), e che appena agguantano il microfono Rai sentono il bisogno di di ringraziare la federazione e Giomi per il supporto dato. Come se Giomi spendesse soldi suoi. Dimenticano che la ragion d’essere della federazione è proprio quella di dare supporto agli atleti. Dimenticano anche che, più correttamente, dovrebbero ringraziare il contribuente e per due volte: per i soldi che lo Stato dà al CONI e quindi alla FIDAL e per gli stipendi che in quasi tutti i casi vengono corrisposti dai corpi militari. Ma adesso concentriamoci su quel che rimane di azzurro in questo Mondiale con le tribune semivuote: speranze per la Trost e i triplisti, curiosità per la Borsi negli ostacoli, auguri di cuore alle mie amate staffette.

Carlo Vittori, in esclusiva per Indiscreto

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