Perversione del tennis femminile

10 Giugno 2013 di Stefano Olivari

Complimenti a Serena Williams. Ma è uno spot contro il tennis femminile il fatto che la numero 2 del mondo, oggi scesa di una posizione a beneficio della Azarenka, giocando bene e potendosi rimproverare poco, possa opporre alla numero 1 poco più che una eroica resistenza nella finale del Roland Garros. Per non parlare della numero 5, di cilindrata inferiore ma comunque una che non molla mai, che in semifinale non ha toccato palla. Buon per le avversarie che Serena Williams abbia vari interessi nella vita, dalla moda alla recitazione, che uniti a misteriosi infortuni hanno aperto riserve di caccia per tante altre della sua generazione. Incredibile che una con la sua potenza abbia vinto ‘soltanto’ 16 tornei dello Slam in 17 anni di professionismo, se non fosse che sulla sua strada a volte si è parata la sorella Venus, con dinamiche familiari che si sono mescolate al tennis, e che al Roland Garros spesso non ha avuto la pazienza necessaria per superare le giornate negative. A 32 anni, se non avrà grossi infortuni, ha ancora tutto il tempo per agganciare i 22 (grazie anche alla coltellata alla Seles) Slam della Graf o i 24 (quasi metà Australian Open, ai suoi tempi torneo che valeva la metà rispetto ad oggi) di Margaret Court ma più delle statistiche e dei punteggi (il doppio 6-4 della finale è ingannevolissimo) conta la sensazione di superiorità lasciata in chi guarda e soprattutto nelle avversarie. Serena ha dalla sua un servizio inimmaginabile per una donna, potentissimo (tocca i 200 orari quando vuole) ma anche molto preciso, vario e continuo (tutto quello che il servizio della Sharapova, pur miglioratissimo, non è), nessun punto debole da fondo e un gioco di volo più che buono per una che deve spesso solo raccogliere i frutti di un attacco o di un campo ‘accorciato’ (in questo è maestra anche la Schiavone, con una mano oltretutto più dolce). Tutta questa premessa per dire che il tennis femminile è diventato davvero poco interessante, da quando sono sparite dai piani alti campionesse in grado di variare il proprio gioco e di rendere ogni punto qualcosa di diverso dal braccio di ferro (dove vince il braccio più forte, chiaramente): senza andare alla preistoria parliamo delle Hingis, delle Henin, di questa razza. Adesso tutte regolariste, più o meno potenti e ‘angolate’, con schemi fissi. E anche quelle con il braccio fatato, tipo la Kvitova, altro non sono che sparacchione che giocano la loro partita a prescindere dal’avversario. Prendendo in considerazione le prime 20 della classifica WTA, è davvero interessante ed emozionante veder giocare solo la Radwanska e a volte la Vinci. Tutto il resto è guardonismo mescolato a tennis da uomini di serie B, senza senso visto che si può guardare direttamente il torneo maschile. Conclusione? Equiparare i montepremi è stato l’ennesimo stupido prodotto della correttezza politica, con la solita retorica sulla fatica. Valida per un’impiegata rispetto a un impiegato o per un medico donna rispetto a uno uomo, ma non nello sport. Poi c’è chi preferisce Williams-Sharapova a Nadal-Djokovic, ma le consideriamo perversioni.

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