L’inverno di Federer

27 Giugno 2013 di Simone Basso

Mercoledì 26 Giugno passerà alla storia come il giorno della civetta del tennis moderno. In un pomeriggio rocambolesco, che ha visto cadere Sharapova, Azarenka, Tsonga, gli ultimi due per forfait, Vika senza nemmeno scendere in campo, il tonfo più clamoroso è stato quello di sua maestà Roger Federer. Poco conta la statistica, uno specchio dell’incredibile continuità del basilese in questo evo, del Mago Merlino che non usciva prima dei quarti di uno Slam dal 2004 (eravamo al Roland Garros). Il sapore, agrodolce, è stato quello della fine di un’epoca e di tante leggende metropolitane.

Rogi, opposto al numero 116 del mondo Sergiy Stakhovsky, parte forte ma non riesce a staccarsi: il primo tie-break, vinto 7-5, illude molti della precarietà psicofisica dell’ucraino. Che invece produce un secondo parziale di altissimo livello e dai gesti bianchissimi: quasi a ribadire, o a confermare, che un altro tennis – antipercentuale, basato sui colpi istintivi e i vincenti – può essere performato. La prima settimana di Wimbledon, con la terba voglio ancora quasi vergine e Slazenger belle pesanti, ci riporta a un gioco vivaddio più imprevedibile nelle dinamiche: come se, nel frattempo, non fosse accaduto nulla di grave a questo sport meraviglioso. L’ucraino ribalta le sorti dell’incontro attaccando l’avversario; lo fa in una giornata di grazia (il diritto non è sempre così..) e applicando un serve and volley da manuale. In alcuni momenti, per la profondità dell’attacco e il tocco al volo, sembra la reincarnazione di Pat Rafter.

Dall’altra parte però c’è l’immagine sbiadita di chi, per classe e palmares, contende a Gonzales e Laver il titolo di più grande di ogni tempo: Federer stecca e soprattutto sbaglia troppi passanti decisivi. Il quarto set è uno psicodramma, Stakhovsky smarrisce – per un attimo di comprensibile tensione – il servizio e un break di vantaggio. Poco male per lui, perchè nel Jeu Decisif continua ad attaccare un Federer confuso e infelice che scentra, sul matchpoint, l’ennesima palla non impossibile.

L’avevamo scritto mesi fa, in tempi non sospetti, che l’inverno del basilese era stato mal consigliato: per ragioni di pecunia, un management americano alla ricerca di tanti dindi, il nostro si è speso in un tour sudamericano dicembrino. Non ci pare una coincidenza che – nell’incontro sul Centrale che ha preceduto Federer-Stakhovsky – Jo Wilfried Tsonga, un altro dei giocatori che ha partecipato a quelle esibizioni, si sia ritirato per un problema al tendine rotuleo del ginocchio. Fed, nella stagione dei trentadue, difatti non ha svolto una preparazione fisica adeguata: si era presentato in Australia confidando semplicemente nel talento debordante e nello stellone…Il disastro si era poi materializzato a Indian Wells, in un allenamento agonistico di secondo turno contro Dodig; da quel dì, la schiena in fiamme, ha rincorso la massima efficienza senza mai brillare.

Curioso che la debacle, nel suo giardino di casa, sia ad opera di uno dei pochissimi – il buon Sergiy – che si sia lamentato del sistema (clientelare) creato in questi anni dall’Atp. Un mondo che, rispettando regole feroci di marketing, privilegia i campioni con ogni mezzo: l’omologazione delle superfici, che ha trascinato il movimento al robotennis imperante, è solamente la punta dell’iceberg. La verità è che i ricchi diventano sempre più ricchi e la classe media, quelli che una volta erano gli specialisti, è stata messa ai margini.

Per tornare a ieri, e allo stillicidio di infortuni, fa specie l’annuncio della rinuncia a disputare il secondo turno da parte di Steve Darcis: aveva eliminato Nadal malgrado un problema abbastanza serio alla spalla destra… E fa capire che i misteri atletici del minotauro di Manacor – lo stesso che a Parigi ha stritolato di passanti impossibili Nole Djokovic – sono paralleli, addirittura simbiotici, a quelli di un microcosmo che ha scelto la via del reality sportivo: chissà se queste giornate all’All England Club serviranno a far capire qualcosa ai padroni del vapore…

Per gentile concessione dell’autore, fonte: Il Giornale del Popolo

Share this article