La faccia di Popovich

18 Febbraio 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da Houston, Texas, dove era arrivato portando cartelli al veleno contro il barnum delle stelle. La partita che serve alla NBA per spezzare l’inferno del calendario, per dare respiro al sistema, far “divertire” la gente. Non ci è mai piaciuto questo circo, così come non ci piaceva che l’italietta accostasse l’idea del basket alle meraviglie degli Harlem Globetrotters.

Houston per espiare, perché siamo stati fra i pochi a non salire sulla barca Armani diretta verso il Tevere nel giorno in cui cadeva (siete sicuri che abbia lo stesso valore correre sulla tennisolite e sul tartan?) uno dei record delle squadre di Dan Peterson, quello delle vittorie in trasferta. Meglio il centro del sistema da dove dovevano rispondere agli astronauti quando aveano un problema. Il comandante Scariolo lo ha fatto sapere alla base del Lido, quella assediata da chi non vuole parcheggi Vip intorno al Palazzo nuovo che nascerà (nascerà davvero?) dove era, una volta,la vecchia reggia dell’Olimpia conosciuta nel mondo dei canestri come unica ed inimitabile. Quella che per noi sarà, per sempre, arena Rubini con secondaria Peterson.

Cara gente di Houston impegnata ad ascoltare il cinquantenne Jordan che sarebbe pronto a volare molto meglio di qualche giocatore nella squadra che ha comperato a Charlotte. Michael il profeta che a Houston manderebbero in orbita per raccontare il vero basket, almeno quello visto da lui all’altezza che soltanto  i fenomeni potevano esplorare. E lo sanno bene Kobe Bryant, il preferito del Jordan caustico di questi tempi, e il Lebron James che, invece, piace   a tantissima gente anche qui da noi dove ieri sera nel ristorante della Parolaccia, fra la Belva umana Fracchia e il coro dell’Emporio si mandava affanbagno chi aveva anche soltanto dubitato di vedere Milano in crisi. Bastava togliere il filo spinato delle partite che non puoi perdere, tipo eurolega, finali di coppa Italia, bastava mandare un gas nervino per tenere seduto Gigi Datome dall’occhio sperduto verso l’America adesso che ha lasciato il vecchio agente che lo aveva proposto al mondo dei cesti come santo di un basket dove si può restare anche prendendo meno per essere contenti della vita e di se stessi, insomma far credere a Roma che i veri peccatori erano soltanto quello in maglia Armani ed ecco confezionata la partita dei record in trasferta davanti allo sbigottito Toti che aveva ritrovato gli stessi angeli dei tempi in cui lui spendeva, spandeva e  si deprimeva.

La fortuna di Scariolo è stata proprio questa, passare inosservato nella città agitata per le elezioni, per Balotelli, per il Barcellona, per la Stramazzate dell’amico di don Sergio, la gentaglia che al derby allievi Milan-Inter balla e canta sbeffeggiando il povero Milito che si è rotto un ginocchio. Altro che pressione, passione, educazione. Eppure tutti le tirano in ballo quando le cose vanno male. Sono stati più contestati i giocatori di Montegranaro per un mezzo sciopero dei diavoli tasmanici del Livio. Potenza dei silenzi comprati e se da Atene quelli del Panathinaikos fingono di aver trovato almeno i quattrini per liberare Fotsis dalle  prigioni fra i canneti del Naviglio, ecco che  arrivano i pompieri. Antonis resta, mai discusso. Lui, il bel tenebroso, si risveglia e fa un 5 su 5 da 3 che risolve ogni tipo di problema quando ha contro avversari che pensano di aver trovato la soluzione ad ogni problema giocando come non possono e non sanno. Avanti col liscio e i primati nella terra di Lilliput.

Tornare a Houston per scoprire che le idee, la testa, il polso di un allenatore si sentono anche se in giro c’è aria di caramellato, di schiacciate con rotazioni nel cielo del nulla, gare insulse. Da San Antonio hanno mandato Gregg Popovich, l’allenatore che non accetta bivacchi in palestra, pretende impegno, lavoro, anche in una partita delle stelle. L’Ovest guidato da Chris Paul si mangia l’Est dove Noah è tipo da battaglia, non da esibizione, e  randella come se fosse una partita vera. Lo ha capito guardando Popovich, deve essersene accorto anche Kobe Bryant che nel finale va a stoppare LeBron e poi fa il cacciatore nella foresta dove si decide la sfida: D’Antoni prendi nota anche se Popovich non  ha il tuo vangelo. Cara gente non è vero che tutto nasce in attacco. Facciamolo nascere nello spogliatoio quando ci diaciamo che da questa linea non si passa. Roma, è vero, ha perso contro Milano, perché l’Emporio andava al  massimo, ma la prima cosa che ha sorpreso i galletti di Calvani è stata certo la difesa  dei rossi del Lido e non è soltanto un caso che  l’Acea abbia ritrovato la zucca che aveva sostituito con la carrozza, come succede ormai in quasi tutti i teatri di questo Paese dove puoi raccontare bugie senza neppure vergognarti perché ti credono, basta spararle alla luna, fingendo di mungere, di sapere una lingua, di conoscere poesia e chirurgia estetica.

Zio Greg e quella faccia da quarto protocollo esibita quando si era rotto le scatole di vedere quei milionari in vacanza fare su e giù per il campo. Ci vuole orecchio e polso, aveva qualcosa da far sapere ai cicisbei in licenza premio. Insomma un tocco in più. La dignità al posto del cazzeggio. Ben fatto, uomo di East Chicago al servizio degli speroni di San Antonio, come dice il corrispondente del giornale sportivo spagnolo Marca avvisando il centro della Nasa che c’era in orbita una partita quasi vera per merito dell’uomo che beve bene, ma sorride poco.

Pagelle per risotti al radicchio, per ricordarsi che Treviso ha trovato anche uno sponsor per la squadra che è nel purgatorio dei regolamenti mentre al piano bar di sopra, meglio nei bagni senza carta igienica per la faccia, fanno finta di non sentire il grido di dolore che mette  a rischio la sopravvivenza nella massima serie di Biella, Caserta, Montegranaro, tanto per non voler guardare dove la gente gioca anche quando non arrivano gli stipendi a fine mese e, prima o poi, denuncerà perché la situazione diventa pesante e Renzi non faccia finta di arrabbiarsi con Petrucci perché glielo hanno ordinato i soliti medici che rifiutano la mutua per il sistema: Meneghin, inesperto, lo sorprendevi, ma questo, passata la buriana delle elezioni CONI, vi risalterà addosso.

10 Gregg POPOVICH capace di far diventare quasi vera la partita in un circo come la partita delle stelle NBA dove serviva essere almeno seri per non far pentire chi casca, ogni anno, nella trappola della fiera vanitosa al servizio delle sponsorizzazioni. L’allenatore di San Antonio non è andato oltre la linea di strangolamento che fa tremare i giocatori degli Spurs, ma certo quell’occhio da agente con licenza di prenderti a calci nelle palline deve aver fatto effetto.

9 Ad Antonis FOTSIS che si è comportato da vero asso della pelota a spicchi nella settimana dove è passato da sequestrato di Altona a lanciere per il don Sergio che lo aveva sempre voluto, pazienza se dava l’impressione di averlo abbandonato, come direbbero gli amici di Frates, se non gli preparava giochi dove venisse fuori la sua mano santa come dicono i greci, una faccia, una razza quando pensano a noi, quando ci obbligano a pensare come sono loro.

8 Al DEVECCHI ministro della difesa sassarese, ministro spesso senza portafoglio vista l’attitudine del leader a far vivere il gruppo nel cielo infinito dove il gioco è vita, felicità, è isola dei Guerrieri, per aver trovato la stessa ispirazione che ha reso così  famoso suo cugino Danilo Gallinari. Per Sassari il ritorno oltre i 100 punti vuol dire aver riportato Venezia nella casa del pentimento lasciata per le vacanze di coppa, ma anche una dolorsa realtà: Il Banco è  bellissimo, ma se lo fai giocare a distanza ravvicinata soffre, come si è visto a Milano. Purtroppo per loro, a meno di aiuti esterni imprevedibili vista la crisi e conoscendo la saggezza di Sardara, i play off si giocheranno senza respiro, in piena calura.

7  A BIELLA per aver reso pubblico lo stato delle cose nelle terra dove hanno fatto nascere sogni, un bel palazzo, una bella società, unito il meglio  fino a quando l’ego e la smania di potere, forse, non hanno sfasciato tutto e Torino già ringrazia per poter pianificare con uno che a Biella voleva contare e ora lo fa dove il Pilla punta all’oro. La realtà è da vedere: se non sarà il campo a condannare ci penseranno i revisori dei conti. Meglio dirlo subito. Con onestà.

6 Al LAKOVIC che trova miele per la prima tazzulilla giusta del Pancotto che pensava di non uscire più dalla trappola dove si era rifugiata Avellino nei giorni in cui avevano deciso di  inseguire l’untore Valli e non si accorgevano di avere il bubbone proprio in casa.

5 Al magnifico POPOLO di MONTEGRANARO che ha trovato una strada davvero difficile per stimolare una squadra che è in effettive difficoltà  perché il mondo intorno non batte moneta utile per stare al vertice. Per fortuna hanno trovato in Recalcati l’uomo delle missioni impossibili, uno che si gode la vecchiaia riuscendo ancora a stupire. Grande micione Charlie.

4 Al BRUNNER crudele che non si è proprio commosso colpendo e affondando la sua ex squadra di Biella. A Reggio Emilia lo ringraziano, sperando che possa reggere  all’assalto dell’Armani ancora  avvelenata dal sacco di Milano e che cerca record, assoluzioni, che vuole il cuore di Reggio Emilia adesso che tutti si sono accorti di questa Trenkwalder che, come Brindisi, ha molto da dire a chi sottovalutava le nate in A2.

3 A James WHITE l’uomo che volando faceva sognare Sassari e Pesaro perché quando gli hanno dato le ali per saltare i canestri della NBA nella festa alla rampa di Houston ha dovuto avvisare subito la base che c’erano problemi nella gara delle schiacciate dove è uscito al primo giro.

2 Ai FINTI MARTIRI italiani del basket nazionale che non riconosce i talenti nostrani e non li paga abbastanza se non ci smentiranno che alcuni di questi ragazzi d’oro hanno sempre e soltanto giocato al rialzo, come potrebbero riconoscere i nuovi eletti dell’associazione agenti, hanno finto umiltà mentre cambiavano agente nella speranza di avere porte aperte su altri mondi, sognando contratti esteri remunerativi, rifiutando offerte in casa nostra inferiori al milione di euro. Saranno balle, ma siamo abituati ai santi bevitori che recitano la saga del sudore in palestra  a fare mille tiri.

1 Al TRINCHIERI che trova tutte le risposte sulla crisi evidente della sua Cantù, ma non una soluzione per ridare entusiasmo al gruppo che si sente davvero un po’ solo, non tanto perché il palazzo che doveva nascere non si vede, perché Milano invade Desio avendo il Forum occupato, bella questa, ma per questa aria che potrebbe diventare esplosiva domenica sera ospitando la capolista Varese in una domenica da elezioni al peperoncino, nel giorno in cui l’osservatorio potrebbe anche perdere la testa in Lombardia per il derby del calcio a San Siro mentre le urne sono ancora aperte.

0 A Ferdinando MINUCCI per averci detto una grande bugia nell’estate in cui rifaceva a Siena, con un quinto del budget dei giorni tricolori, un quarto di quello che ha messo sul tavolo Milano. Una bella squadra, per sapere se è grande aspettiamo fine corsa quando avrà 20 partite in più delle rivali nelle gambe. Erano giorni in cui si fidava soltanto di due cose: gli allenatori che aveva scelto, la caratura  e la forza psicologica dell’avversario più importante. Poi ha scoperto che la sua campagna acquisti non era stata buonissima. Aveva accettato con pazienza, tanto veniva da quella frase che lo liberava in agosto:  “Non vedo l’ora di perdere così potrete dire tutto il peggio su di noi, su di me”. Convinti che non ne potesse più di battersi contro gente che era più abile a sparlare, invidiosa, che a costruire, operosa, avevamo  fatto i conti senza la Mens Sana in corpore sano. Ora vince, ora se la gode. Sorride. Ci aveva ingannato un’altra volta. Basterebbe quello che ha fatto fino ad oggi per lasciargli tempo e modo di scoprire che tipo di avversari sono quelli che ancora vivono nell’illusione di aver perduto soltanto per  avere avuto diecimila euro in meno. Stucà direbbe Tanjevic mentre balla pensando al suo Oscar Bezerra Schmidt entrato nella Hall of Fame.

Oscar Eleni, lunedì 18 febbraio 2013

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