Il tono di Stracult

4 Settembre 2012 di Fabrizio Provera

Se fosse per noi, l’audience dei canali generalisti – Rai e Mediaset – sarebbe già crollata ai minimi storici. Molto peggio di quanto non sia (già) successo. Troppo ricca, varia e di qualità l’offerta di Sky, anche quella dei canali informativi; d’altro canto il Tg made by Murdoch in Italia, lo diciamo da giornalisti non invidiosi dei colleghi (!) ma nemmeno aspiranti al loro posto (abbiamo un quinquennale con Indiscreto, qui c’è un grande pubblico ma soprattutto un progetto), migliora giorno dopo giorno. Ci piaceva molto la programmazione generalista notturna post 23, ma ultimamente abbiamo abbandonato pure quella causa My Sky (che consente di rivedere i programmi registrati di giorno). Con Rai 2, poi, abbiamo un dente avvelenato dal 5 agosto scorso, quando mentre Tania Cagnotto lottava per il bronzo e gli eroici fiorettisti tiravano per l’oro, a casa di amici siamo stati costretti dalla regia Rai  a sorbirci 10 minuti di tuffi di atlete messicane e ungheresi in luogo delle stoccate di Cassarà e compagni.

Ci ha riconciliato con mamma Rai e il secondo canale la visione dell’ultima serie di Stracult, con Marco Giusti e Paolo Ruffini a gigioneggiare in compagnia di comici, attori e registi del cinema che molti lettori di Indiscreto e noi stessi veneriamo come (appunto) oggetto di culto: i poliziotteschi, Tomas Milian, Maurizio Merli, Fernando Di Leo, Quentin Tarantino, Franco Nero, Bombolo, Jerry Calà, l’epopea di Sapore di Mare, gli Yuppies celebrati di recente dal direttore… Grande cinema quello trattato e grandissima la capacità dei mattatori di Stracult ad esercitarsi nel cazzeggio a noi tanto caro, peraltro declinato nei vari dialetti italici. Interviste straordinarie ambientate in  parchetti di periferia, bar di periferia, caffetterie di periferia, sobborghi ultra periferici…

Settimana scorsa ci siamo gustati una puntata con Carlo Monni, Massimo Ceccherini e Alessandro Paci, con Giusti e Ruffini in veste di perfette spalle per battutacce in vernacolo toscano. Ceccherini che rimane in mutande (nere!!!!), Monni che parla di Scamarcio, il gruppo delle Voci Sole (solo donne) che intona l’Inno del Corpo Sciolto. Stra-or-di-na-rio, senza ulteriori commenti. Ogni tanto vengono riproposti spezzoni dell’epica retrospettiva dedicata anni fa dal Festival di Venezia ai B-Movies, con Tarantino nelle vesti di padrone assoluto, capace di spiazzare anche il critico più attempato citanto film italiani sconosciuti a tutti o quasi: le pellicole visionate all’epico Manhattan Video Archives di Los Angeles, dove si noleggiavano video di ogni genere e dove negli anni Ottanta il genio nato nel 1963 a Knoxville, Tennessee, formò la sua cultura cinematografica lavorandovi da commesso, assieme all’amico Lawrence Bender. Oggi, purtroppo, di quel negozio non è rimasto nulla: solo il ricordo.

Ma noi, grazie a Stracult, ci siamo goduti le interviste a Stelvio Massi, Luciano e Sergio Martino, gli speciali sui ‘caratteristi’ degli anni Settanta e Ottanta, le digressioni colto-trash di Giusti, con tanto di sottofondo musicale fatto di brani tratti da Er Piotta, Franco Califano, Gabriella Ferri. Non chiedevamo altro. Stracultisti d’Italia, uniamoci. Per noi, è il programma migliore della televisione italiana. Non la solita rivalutazione acritica del passato, perché gran parte del trash era ed è davvero trash, ma un’analisi della cultura popolare italiana con gli occhi di oggi e senza metterla giù troppo dura. Difficile trovare il tono giusto, in operazioni di questo tipo: Stracult ci è riuscito.

Fabrizio Provera, 4 settembre 2012

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