I primi veri Giochi del tennis

5 Agosto 2012 di Stefano Olivari

Per un attimo abbiamo avuto paura che Roger Federer facesse come Borg dopo la finale degli US Open 1981 persa contro McEnroe: fuga a testa bassa e taxi preso prima ancora che iniziasse la premiazione, con carriera finita di fatto lì (in quel caso a 25 anni, qui siamo già a quota 31). Invece anche nel momento più amaro della carriera, non per essere stato asfaltato da Murray ma per l’oro olimpico nel singolare che non arriverà più, il più grande di sempre ha mostrato stile e buonissimo viso a cattivissimo gioco. Troppa la spesa mentale e fisica nella favolosa semifinale contro Del Potro, bravo anche Murray a resistere a pressioni mostruose: da quelle della Gran Bretagna (ma cos’avevano da fare oggi William e Kate per non essere presenti?) a quelle della madre che lo ha lasciato ma non troppo nelle mani di Ivan Lendl. Nel tennis giudizi di portata storica cambiano di settimana in settimana, ma di sicuro questo torneo olimpico ha mostrato che non è vero (o meglio, che non è più vero) che i giocatori di vertice snobbano i Giochi. Nadal era assente per vari motivi, ma tutti gli altri hanno sputato sangue e pianto, non metaforicamente, lacrime mai viste nemmeno nello Wimbledon vero. Londra 2012 sarà quindi ricordata anche come l’Olimpiade che ha riportato per davvero il tennis nel cuore dei Giochi, a nemmeno 30 anni dalla vergognosa riammissione ‘dimostrativa’ di Los Angeles 1984, dopo quella del 1968 e i tornei di inizio Novecento. Vinsero i singolari un diciottenne Edberg e una quindicenne Graf (però di bronzo furono Cané e la Reggi), a parte qualche eccezione (Massu) gli albi d’oro sono sempre stati dignitosi ma è solo da questa edizione che è davvero iniziata un’era. Perché tutti consideravano questo torneo più importante di un torneo dello Slam, sia chi i tornei dello Slam li vince che chi ci è andato vicino (l’entrata nello spogliatoio di Sara Errani dopo il doppio con le Williams ci ha fatto male).

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