Codice Rebekah

27 Luglio 2012 di Stefano Olivari

Il defunto News of the World avrebbe potuto dare lezioni di giornalismo al 90% dei media italiani, sempre che il giornalismo sia cercare notizie e poi scriverle. Se invece è opinionismo onanistico, obbligato nel caso del web e scelto coscientemente in altre realtà (il modo in cui viene raccontata la vicenda Ligresti-Fonsai può rendere l’idea), allora i migliori siamo noi. Il settimanale formato tabloid è stato chiuso (l’ultimo giorno fu quello del memorabile ‘Thank you and goodbye’) dai Murdoch l’anno scorso dopo quasi 170 anni di vita, in seguito allo scandalo intercettazioni che è tornato di stretta attualità visto che l’equivalente inglese del nostro pubblico ministero in pieno clima preolimpico ha reso noti i capi di imputazione per gli otto coinvolti e che lo scandalo sfiora anche il premier David Cameron visto che in passato gli ex direttori Rebekah Brooks e Andy Coulson era stati suoi amici e consiglieri (Coulson anche direttore della comunicazione dei Tories). In pratica il News of The World aveva acquisito notizie su 600 vip, dalla politica allo sport, usando metodi illegali. Niente di strano, anche ‘lenti’ come noi possono (in teoria) usare con facilità un microfono direzionale a 200 metri o spiare gli sms del vicino di tavolo quando questi lascia il bluetooth acceso. Solo che non possiamo scrivere quello che ascoltiamo o leggiamo. Ma il punto non è questo: Brooks e gli altri, se verranno giudicati colpevoli, pagheranno. Il punto è che l’Inghilterra non è più quella di una volta, un po’ come i valori e le merendine, ma ancora dà un valore alla notizia che non esce direttamente da una velina dei magistrati o degli uffici stampa. Gli equivalenti italiani di Brooks e Coulson avrebbero usato le notizie aquisite ilegalmente per fondare un sito dai contenuti ricattatori, o una rivista per addetti ai lavori che lanciasse determinati ‘messaggi’ (il più sfigato dei giornalisti italiani è bombardato da newsletter di ‘bene informati’). Il News of the World quegli scoop li ha messi su carta, a beneficio dei suoi quasi 3 milioni di acquirenti che al momento della chiusura lo rendevano il giornale di lingua inglese più letto nel mondo. Non è una differenza da poco.

Stefano Olivari, 27 luglio 2012

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