MJ e il ragazzo cattivo

14 Giugno 2012 di Stefano Olivari

Meglio il Dream Team 1992 o la nazionale americana che vincerà l’oro a Londra? Fra poco, a Finals terminate, il ventennale di quella squadra che cambiò la percezione della pallacanestro nel mondo ci farà entrare nel tunnel delle rievocazioni e dei confronti, nello stile dell’indimenticato e indimenticabile Supergol diretto Maurizio Mosca. NBA TV si è portata avanti e ha mandato in onda un documentario sul tema, dal prevedibile titolo ‘The Dream Team’, in cui si è tornati su una delle pagine oscure di quell’avventura, cioé l’esclusione di Isiah Thomas. Be’, oscure, nemmeno tanto. Thomas era il leader tecnico e spirituale di quei Detroit Pistons che negli anni precedenti erano stati rivali per la vittoria di Conference dei Chicago Bulls, a colpi anche di botte e provocazioni. I famosi Bad Boys, campioni nel 1989 e nel 1990, che usavano peraltro armi tollerate nella NBA dell’epoca e che in prospettiva storica rendono quindi Michael Jordan ben più grande di quanto dicano le statistiche. Thomas, dicevamo. Scottie Pippen nel documentario sostiene che ‘Non potevamo giocare in una squadra insieme a uno che urlava ai suoi compagni dei Pistons di prenderci a calci. Non mi piaceva il suo modo di intendere la pallacanestro’. Ancora più diretto MJ: ‘Uno dei patti per far parte di Team Usa era che Isiah non ne facesse parte’. A distanza di due decenni Thomas l’ha presa, almeno pubblicamente, bene: ‘Mi congratulo con il Dream Team per quello che ha fatto, ma sono orgoglioso della mia carriera NBA e delle sfide con molti componenti di quella squadra’. Questa la verità pubblica, una faida Bulls-Pistons a un anno (nel 1992 i Pistons erano usciti con I Knicks) dalla loro ennesima finale di Conference, chiusa con la vittoria dei Bulls (che avrebbero poi vinto il loro primo anello) e la memorabile uscita dal campo dei titolari dei Pistons in anticipo sul finale della partita in modo da non doversi congratulare con Jordan, Pippen ma soprattutto un Phil Jackson che aveva capito come entrare sottopelle a una squadra che vinceva le partite prima di tutto con la testa (in Basket e Zen ci sono pagine memorabili sull’importanza del concetto di esecuzione). Sullo sfondo due dettagli non da poco: l’allenatore del Dream Team era lo stesso dei Pistons dei Bad Boys, cioé Chuck Daly, mentre la stella mediatica era Magic Johnson, che di Thomas passava per essere grande amico. Ma Daly aveva ormai deciso di lasciare i Pistons, mentre il Magic (l’avrebbe rivelato molti anni dopo nel libro When the game was ours) da un anno sieropositivo ritenne che una squadra unita sotto il segno di MJ fosse più importante dell’amicizia personale.

Stefano Olivari, 14 giugno 2012

http://www.youtube.com/watch?v=6DSJK4jo2wg

 

 

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