Con Zeman si vince sempre

22 Maggio 2012 di Federico De Carolis

Zdenek Zeman ha ripetuto quello che fece a Foggia nella stagione 1990-91, ma non solo per i risultati. L’ha fatto sbalordendo anche i pescaresi, insieme all’Italia calcistica. Quei pescaresi che l’accolsero l’estate dell’anno scorso con grande entusiasmo adesso si godono una promozione insperata. Ma soprattutto si godono Zdenek con la sua calma serafica, le sue battute pungenti, il suo modo di essere: molto più di un allenatore, inutile spiegare perché. Di sicuro il solito articolo sul miracolo di provincia questa volta è difficile. Prima di tutto perché Zeman è un personaggio nazionale, ogni suo sospiro dal punto di vista mediatico vale un’intervista a un campione di un grande club. E poi perché la Pescara del 2012, intesa come città, è diversa dalla Pescara che Galeone un quarto di secolo fa fece impazzire. E’ diventata una città moderna, nel bene e nel male, di antico è rimasta la casa natale di Gabriele D’Annunzio, con centro e periferia che si confondono (nel 90% delle città italiane non accade) e gente di tutte le razze. Raramente compare nei telegiornali nazionali, concentrati solo sulla settimana della moda a Milano e sul traffico del raccordo anulare di Roma, se non per fatti di cronaca nera come l’uccisione dell’ultrà da parte di un rom e il conseguente emergere di un razzismo che da queste parti è stato una triste novità.

Questa città è entrata immediatamente in felice simbiosi con un tecnico che, avendo espresso le sue idee calcistiche in tempi lontani non è più considerato rivoluzionario, essendosi conquistato un posto stabile nella modernità. Però, nel bene e nel male, nessuno è come lui. Pescara, forse per questo, l’ha accolto con un entusiasmo senza pari riservandogli addirittura un trattamento migliore che non a quel Galeone che conquistò una promozione storica con un gruppo di ragazzi sui quali nessuno era pronto a scommettere un soldo bucato. E lui, Zdenek quest’affetto, estrinsecato con i soliti modi dei tifosi, ma anche con qualcosa in più di indescrivibile e altamente passionale, l’ha talmente sentito che a Genova, nel giorno della promozione, si è messo persino a piangere. Ha detto d’averlo fatto ripensando alla tragica fine di Mancini, il portiere che aveva nel Foggia e che ha ritrovato a Pescara come preparatore, ma in fondo si è commosso per la sua terza promozione in carriera che non conta tanto per il fatto sportivo quanto per il modo. Non sono state solo le lacrime ad avere colpito i pescaresi, ma la sorpresa nello scoprire un uomo diverso al di là della unicità del suo calcio.

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