Aspettando Nash e Phil Jackson

10 Maggio 2012 di Stefano Olivari

L’uscita di scena dei New York Knicks in cinque partite contro una squadra più forte in tutto, in particolare in difesa, come i Miami Heat non fa notizia più di tanto. Più interessante è l’immediato futuro di una franchigia che ha sostanzialmente buttato via quattro anni per trovarsi una squadra piena di grande talento male assortito come quella del 2008. In quell’estate fu ingaggiato Mike D’Antoni con il mandato di mostrare al Madison Square Garden un basket divertente mentre i dirigenti scaricavano i contrattoni regalati da Isiah Thomas, da quello di Marbury a tutti gli altri, per presentarsi leggeri all’appuntamento con i free agent del 2010 e quindi con LeBron James. Inutile ricordare cosa sia successo e arriviamo quindi alla scorsa notte all’American Airlines Arena, con i Knicks apparsi quasi appagati in seguito alla prima vittoria in post-season dopo 11 anni. E adesso?

Partiamo dal discorso sulle stelle. Anthony e Stoudemire non stanno bene insieme, più sul piano tecnico che su quello umano. I momenti migliori di Melo sono quando l’altro sta in panchina o è assente, quelli migliori di Amar’e quando la squadra invece che su isolamenti si basa su pick and roll. Va ricordato che i due in coppia hanno avuto un record vincente (6-1) solo quando in quintetto base c’è stato Jeremy Lin, forse non un fenomeno ma di sicuro un giocatore con la personalità necessaria per togliere la palla dalle mani di Melo e di far funzionare Stoudemire senza dimenticare l’altra stella.

Lin ci porta dritti sul secondo punto, quello classico del bar: ci vuole un regista (Gianfranco Matteoli o Charlie Caglieris è lo stesso). Bibby e Baron Davis sono stati grandi ma sono oltre il capolinea fisico, in ogni caso sono in scadenza di contratto. Iman Shumpert e Toney Douglas sono un altro tipo di guardia, quindi il dibattito è tutto su Lin. Fenomeno non solo di marketing, entrato nel cuore dell’America e del mondo come incarnazione più pura e inaspettata (anche D’Antoni, che per qualche periodo ha cavalcato la Linsanity, lo aveva snobbato) del sogno di tutti i bambini che hanno giocato a pallacanestro. Tecnicamente sarebbe una point guard utilissima, specie se dovessero rimanere le due stelle, poi è chiaro che come valore assoluto è in circolazione di meglio se si vuole puntare ad una stagione del genere ‘here and now’. Prima, seconda e terza idea: Steve Nash.

La terza questione è il futuro di Tyson Chandler, stella all’interno di un sistema ma isolato e quasi superfluo in una squadra Melo o Stat-dipendente, oltre che di tutti quei giocatori che hanno avuto il loro momento di fuoco. J.R. Smith, che insieme ad Anthony ha preso 200 dei 367 tiri dei Knicks nelle cinque partite di playoff e guadagna relativamente poco (2,5 milioni di dollari a stagione), Landry Fields, Steve Novak che come tutti i tiratori bianchi è diventato una figura apprezzatissima dai tifosi. Possono tutti esserci o non esserci, ma anche senza chiamarsi Luis Enrique bisogna partire dal progetto.

Ultimo punto quello sull’allenatore. Mike Woodson si è fatto apprezzare per avere fatto remare la squadra nella stessa direzione, ma non è pensabile che sia l’uomo del salto di qualità. Il record (18-6) con cui ha chiuso la stagione regolare lo possono leggere tutti, ma la qualità del suo attacco è stata poco migliore di quella dell’era D’Antoni. Buono invece il lavoro sulla difesa, nelle partite medie. Appena il livello si è alzato, però, si sono viste cose da Washington Generals. Dopo tanto parlare di Calipari, è scontato che da domani parta la campagna per Phil Jackson. Vincere anche da allenatore-guru a New Yoork, dopo averlo fatto da giocatore non raffinatissimo nell’era Holzman, può avere il suo fascino.

Stefano Olivari, 10 maggio 2012

 

Share this article