L’unica stagione con le intercettazioni

10 Novembre 2011 di Illegale Rappresentante

Navigando su internet ci si può rendere conto come la maggior parte delle notizie relative alla cosiddetta Calciopoli sia fornita da siti internet dichiaratamente bianconeri. Più che noti a chi si interessa anche solo minimamente di tale vicenda, inutile citarli. A detta di questi siti – ma anche di alcuni tra giornalisti, opinionisti e professionisti dell’ambiente calcistico italiano – l’impianto accusatorio nei confronti di Moggi e soci sarebbe stato “smontato” dalle difese degli imputati e per tale ragione l’assoluzione dell’ex direttore sportivo della Juventus, così come quella degli altri soggetti coinvolti nello scandalo, sarebbe ormai scontata. Tuttavia nel corso del processo penale attualmente in corso a Napoli l’impianto accusatorio non è stato particolarmente scalfito. Al fine di giustificare adeguatamente tale affermazione, verranno quì di seguito espresse delle brevi considerazioni in merito ad alcune delle tematiche relative al suddetto procedimento penale.


SULLA RILEVANZA DELLE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE E DELLE TESTIMONIANZE RESE DALLE PERSONE INFORMATE SUI FATTI 

E’ ormai noto a chiunque che lo scandalo di Calciopoli si basa essenzialmente sul contenuto di intercettazioni telefoniche effettuate dalle Procure di Torino e Napoli tra il 2004 ed il 2005. Le intercettazioni sono un mezzo di ricerca della prova previsto e disciplinato dall’art. 266 e seguenti del codice di procedura penale. I contenuti delle intercettazioni costituiscono una prova precostituita avente valenza confessoria e a livello processuale il loro valore è infinitamente più grande di qualsiasi altro riscontro probatorio, in particolar modo della testimonianza (prova costituenda) che è vista con enorme diffidenza da tutti gli operatori del diritto. A tal proposito giova ricordare che nel processo attualmente in corso a Napoli (relativo agli aspetti penali del menzionato scandalo calcistico del 2006) molti testimoni sono stati chiamati a deporre sia dalla pubblica accusa che dai vari imputati e in alcuni casi proprio per confermare o per negare il contenuto delle chiamate intercettate. E’ tuttavia abbastanza evidente come molti di essi, nonostante il rituale giuramento, non abbiano potuto e/o voluto rilasciare affermazioni tali da compromettere a livello penale la loro posizione: si pensi, ad esempio, alla deposizione di Carlo Ancelotti (ex allenatore di Juventus e Milan) con riferimento alla sua conoscenza diretta del fatto che Moggi sapesse in anticipo l’arbitro della Juventus per il successivo turno di campionato e che avesse altresì il potere di stilare i calendari della serie A in base alle esigenze della Juventus. Tali circostanze risultano dalla sotto riportata intercettazione che vede protagonista l’ex addetto agli arbitri del Milan Leonardo Meani, intento a conferire con l’ ex arbitro Pierluigi Collina:

“Ma tu sai che ieri in macchina,quando mi diceva Carletto (n.d.r. Ancelotti) che il giovedì, il giovedì quel famoso, l’altra persona famosa (n.d.r. Moggi) gli… gli diceva: “Domani abbiamo questo arbitro” e veniva,e c’era quell’arbitro… e c’era il sorteggio (…) e mi diceva (n.d.r. Ancelotti) che addirittura che in fase di preparazione del calendario, gli diceva “Come dici che sia meglio,vogliamo cominciare con queste partite o con quell’altre partite…o con… che squadre vogliamo trovare all’inizio..”

L’attuale allenatore del Chelsea ha tuttavia riferito ai P.M. che quanto affermato da Meani nella suddetta telefonata non corrisponde al vero. Tale risposta era però prevedibile in quanto affermando il contrario Ancelotti avrebbe implicitamente ammesso la rilevanza penale del proprio comportamento omissivo. Sempre a titolo esemplificativo – e ad abundantiam – si pensi ai giornalisti dell’ USSI (Unione Stampa Sportiva Italiana) sentiti come testimoni dalle difese degli imputati sulla questione della regolarità dei sorteggi relativi agli arbitri (a cui gli stessi partecipavano attivamente): è chiaro che se tali giornalisti, contrariamente a quanto hanno fatto, avessero ammesso davanti ad un Giudice di aver riscontrato irregolarità nei sorteggi, anch’essi sarebbero incorsi in una responsabilità penale per omessa denuncia.

In netta contrapposizione alla (ovvia) omertà dei giornalisti escussi, si pone la deposizione testimoniale di uno dei pochi “pentiti” di Calciopoli, l’ex segretario del Can Manfredi Martino
, il quale ha affermato, tra le altre cose, che in occasione della prima partita di campionato della stagione 2004-2005 gli venne chiesto da Pairetto e Bergamo di inserire un biglietto “X” all’interno di una determinata pallina particolarmente ammaccata e pertanto riconoscibile. E’ altresì di sicuro interesse un’intercettazione del febbraio 2005 tra Maria Grazia Fazi, ex segretaria del Can, e il designatore Bergamo, in cui quest’ultimo riferisce di aver conferito con Pairetto sul rischio concreto che alcuni si potessero accorgere che il sorteggio non è regolare.

Il suddetti esempi evidenziano, per l’appunto, come in molti casi la prova testimoniale abbia un valore relativo in ragione di circostanze inerenti alla persona che ha reso la deposizione
: a tal proposito si rileva come non sia casuale il fatto che, nel corso di una delle udienze del processo ordinario attualmente in corso a Napoli, il Giudice Teresa Casoria abbia affermato che, al momento dell’emissione della sentenza, le valutazioni del collegio avranno ad oggetto principalmente il contenuto delle intercettazioni e solo in secondo luogo le testimonianze. L’affermazione del suddetto Giudice è assolutamente condivisibile in quanto, anche a detta della Cassazione, “le intercettazioni costituiscono prova piena senza necessità di ulteriori corroborazioni esterne”(Cass. N. 6350/2000). Ciò premesso, è evidente come, a livello probatorio, sia molto difficile per gli imputati riuscire a contestare fruttuosamente il contenuto delle chiamate intercettate a loro riferite con testimonianze (specie se rese da soggetti legati in qualsivoglia modo ai fatti del processo) o fornendo improbabili reinterpretazioni di tali intercettazioni.

Per citare un esempio paradigmatico, da cui si desume quanto sia difficile scalfire la ricostruzione dei fatti operata dagli inquirenti,
si pensi al salvataggio della Fiorentina dalla serie B, in seguito alla sottomissione alla “cupola” moggiana dei fratelli Della Valle, episodio chiave per la contestazione del reato di associazione a delinquere. Nell’ultima giornata del campionato 2004/2005, perché i viola si salvino dalla serie B è necessario che il Parma non vinca a Lecce e che la Fiorentina riesca a battere il non irresistibile Brescia in casa. Ecco i più significativi stralci delle intercettazioni telefoniche relative al fraudolento salvataggio della squadra di proprietà dei Della Valle:

Prima dell’ultimo turno di campionato, Diego Della Valle si raccomanda a Moggi: “Ci pensiamo noi a salvarti, se lottiamo ce la facciamo”. Bergamo chiama invece De Santis, arbitro sorteggiato (?) per dirigere l’incontro tra Lecce e Parma: “Massimo (n.d.r. De Santis), è tutto a posto?” De Santis: “Sì, gli ho spiegato (ai due assistenti, ndr) pure un po’ le cose, velatamente… insomma gli ho spiegato, fatto capire che, poi intanto gliela do io l’impostazione, da quello che ho sentito dalle interviste: loro giocano, il Lecce vuole giocare per vincere, il Parma pure gioca a vincere, quindi a ‘sto punto facciamo la partita, ci mettiamo in mezzo”. Bergamo è lapidario: “L’importante è che tu vinca”.

La Fiorentina batte facilmente il Brescia 3-0 e rimane in serie A mentre Lecce e Parma pareggiano 3-3, tra le polemiche dei giocatori del Parma per l’arbitraggio di De Santis (che nel corso della gara ha ammonito – in rigoroso ordine alfabetico – tutti e 5 i giocatori diffidati del Parma: Bolano, Bonera, Contini
, Gilardino e Morfeo). I ducali, con una squadra decimata dalle predette squalifiche, dovranno in seguito disputare uno spareggio con il Bologna per rimanere nella massima serie.

Dopo la partita tra Parma e Lecce si registrano le seguenti conversazioni. Mazzini chiama Mencucci: “I cavalli boni vengono sempre fori. Le nostre pedine funzionano sempre, l’operazione chirurgica è stata perfetta… Lo sapranno in dieci di questo capolavoro, ma me ne importa una sega, nel calcio vero conta sempre su di me”; Mazzini poi contatta anche Andrea Della Valle e dà un giudizio netto: “L’ équipe ha funzionato bene”. I Della Valle ringraziano quindi sentitamente e affermano: “certi errori non li faremo più”.

I suddetti dialoghi non hanno bisogno di commenti in quanto, dalla mera lettura degli stessi, si evince chiaramente la sussistenza di un vincolo associativo1 volto a modificare fraudolentemente l’esito della gara Lecce – Parma. A tal proposito si sottolinea, per completezza espositiva, come per la Cassazione “l’esistenza di un sodalizio criminoso e dunque la commissione di un reato associativo può ritenersi assodata anche a mezzo delle sole intercettazioni” (si veda la già citata sentenza N. 6350/2000).

Peraltro, a sostegno delle risultanze relative alle citate intercettazioni, si sono registrate alcune deposizioni testimoniali particolarmente significative: si pensi, ad esempio, a quella del calciatore del Parma Fabio Vignaroli, in campo con la maglia gialloblù nel citato Lecce – Parma 3-3. Il giocatore ha riferito quanto segue: “Dissi a De Santis che stavamo subendo dei torti e che stavamo lì per vincere. Lui mi rispose: ”.

Con riferimento invece al già evidenziato accanimento arbitrale nei confronti della squadra ducale, è altresì di assoluto rilievo quanto riferito dall’ex dirigente del Parma Luca Baraldi ai pm in qualità di persona informata dei fatti; ecco le sue parole: “…Giraudo, parlando a voce alta praticamente quasi urlando… ci disse che comunque questa situazione ce l’avrebbe fatta pagare anche facendoci retrocedere in B..” La vicenda risale al giugno 2004 e si riferisce ad una complessa trattativa per la cessione alla Juventus dell’attaccante Di Vaio, all’epoca in forza alla società emiliana.

Quanto sino ad ora esposto risulta essere solo una minima parte del materiale probatorio che si può riscontrare analizzando le vicende relative alla cosiddetta Calciopoli.
Invero sarebbe impensabile, pur con tutta la buona volontà, analizzare in una breve relazione l’intera vicenda (cosa che, in ogni caso, può benissimo essere fatta “a puntate”) ma già da quanto esposto risulta ictu oculi come sia temerario affermare che tali risultanze non abbiano alcuna rilevanza penale.

Prima di concludere l’argomento, si ritiene opportuno fare un breve cenno sulle intercettazioni estrapolate da alcuni consulenti delle difese – per fini processuali – tra le migliaia archiviate dalla Procura di Napoli, intercettazioni queste che vedono protagonisti sia soggetti già imputati che soggetti non imputati. E’ opportuno ribadire come dette intercettazioni siano state ascoltate dalla polizia giudiziaria e conseguentemente catalogate e (brevemente) brogliacciate in quanto prive di qualsivoglia rilievo penale. A riprova di quanto affermato, basti pensare che dall’aprile 2010 – periodo iniziale della loro divulgazione – ad oggi nessuna di queste intercettazioni ha dato origine a nuove contestazioni penali a carico degli imputati o carico di altri soggetti non imputati nel processo. In ultimo, va pleonasticamente evidenziato come tali intercettazioni non possano nemmeno essere utilizzate con la pretesa di mettere in discussione la rilevanza penale delle intercettazioni trascritte che hanno causato il rinvio a giudizio degli odierni imputati (difficilmente equivocabili nei contenuti). In ogni caso una dettagliata analisi plurigiurisdizionale (sportiva e penale) delle intercettazioni de quibus verrà svolta non appena il perito nominato dal Tribunale di Napoli, Dott. Roberto Porto, avrà terminato la relativa trascrizione.

SULL’UTILIZZO DI SCHEDE TELEFONICHE ESTERE RISERVATE 


Contrariamente a quanto si ha modo di leggere sui vari siti internet juventini (Calciopoli sembra interessare più a loro che ai tifosi delle squadre vittime), l’utilizzo di schede estere riservate – acquistate in Svizzera da un terzo (tale Bertolini) per conto Moggi e da quest’ultimo distribuite ai designatori e a un nutrito gruppo di arbitri – è un fatto assodato. 
L’esistenza di tali utenze riservate emerge con chiarezza agli occhi degli inquirenti quando, in data 9 febbraio 2005, il designatore arbitrale Paolo Bergamo chiama, dal proprio telefono di casa (in modo piuttosto ingenuo, perchè convinto di non essere intercettato anche su tale utenza), un numero telefonico relativo ad una sim svizzera intestata – in modo fittizio – ad un settantenne pugliese ma utilizzata da Luciano Moggi. Da tale chiamata (in cui l’ex designatore e l’ex d.s. della Juve compongo le griglie degli arbitri e delle partite di “prima fascia” per la domenica successiva) i carabinieri risalgono alla sim svizzera in uso a Bergamo, nonchè a quella utilizzata dall’altro designatore, Pairetto. In esito a tale scoperta gli inquirenti vengono autorizzati dal Tribunale di Napoli ad intercettare per 15 giorni il traffico di tali schede riservate, tuttavia tali intercettazioni non diedero risultati in quanto, verosimilmente, Moggi – resosi conto dell’imprudenza di Bergamo – evitò di utilizzare nuovamente per contatti “segreti” tali schede.

A tal proposito è opportuno sottolineare come le sim dei menzionati gestori stranieri – le quali, nella maggior parte dei casi, non devono necessariamente essere intestate al compratore e/o all’effettivo utilizzatore
– possono essere intercettate solo se chi le utilizza commette grossolane disattenzioni: vedi, nel caso sopra citato, la chiamata effettuata ad un numero italiano “in chiaro” attraverso l’utenza riservata; in tal caso chi intercetta “leggerà” i dati della sim straniera e quindi, attraverso essi, potrà liberamente intercettare le chiamate in entrata e in uscita da tale sim. Diversamente, se chi usa una scheda riservata si limiterà ad utilizzarla sempre e solo per chiamare altre sim dello stesso tipo, l’utilizzatore avrà la certezza di non essere mai intercettato in quanto sarà non identificabile ed “invisibile” per la polizia giudiziaria che effettua le intercettazioni.

Tornando ora alla narrazione cronologica degli eventi, è opportuno ricordare che nel maggio 2006, grazie al rivenditore elvetico delle sopra menzionate schede telefoniche (tale Teodosio De Cillis), la polizia giudiziaria entra in possesso di ulteriore documentazione utile ad approfondire le indagini.
Si viene quindi a sapere che Luciano Moggi, tramite Giancarlo Bertolini, era solito richiedere al suddetto rivenditore un gran numero di sim di gestori telefonici esteri (svizzeri, sloveni, e del Liechtenstein). A questo punto, attraverso l’analisi dei tabulati relativi alle schede citate e all’esame dell’aggancio delle celle telefoniche, i carabinieri riescono ad individuare un gruppo di sim svizzere alle quali riescono ad associare per ciascuna di esse un utilizzatore determinato: invero, oltre ai già citati Moggi, Pairetto e Bergamo, le indagini riconoscevano quali utilizzatori di tali schede telefoniche riservate il d.s. del Messina Fabiani e gli arbitri De Santis, Racalbuto, Dattilo, Cassarà, Bertini, Paparesta, Gabriele e Pieri.

Per attribuire le menzionate schede a ciascuno dei soggetti sopraindicati, i carabinieri hanno incrociato una serie di dati che hanno consentito di poter giungere a determinazioni praticamente certe;
infatti, è stato riscontrato che ogni sim “abbinata” ai suddetti individui: 1. agganciava celle nella zona di residenza dell’arbitro e nella zona di residenza dei genitori
di quest’ultimo; 2. agganciava celle nei pressi di Coverciano nei giorni dei raduni arbitrali; 3. agganciava celle nelle città della squadra di calcio che l’arbitro doveva dirigere in quel determinato turno di campionato; 4. entrava in contatto con le sim assegnate agli altri imputati; 5. sui tabulati relativi alla determinata sim risultavano esserci, in molti casi, contatti con i numeri telefonici “in chiaro” (fissi o mobili) dei parenti dell’arbitro.

In aggiunta a quanto sopra, si deve tenere altresì conto dei molteplici riscontri alla suddetta ricostruzione che sono emersi nel corso delle assunzioni di sommarie informazioni nonchè nel corso del dibattimento del processo ordinario.
A mero titolo esemplificativo va ricordato che:
· Romeo Paparesta, ex arbitro e padre del già menzionato Gianluca, ha confessato di avere ricevuto sim estere da Moggi;
· Trovatosi “spalle al muro”, anche il designatore Paolo Bergamo ha ammesso di aver ricevuto da Moggi schede riservate; peraltro anche lo stesso Moggi confessò di avere fatto uso di sim estere per condurre trattative segrete di calciomercato (a tal proposito verrebbe da domandare all’ex d.s. della juve perchè, allora, distribuì schede estere al designatore Paolo Bergamo);
· L’ex arbitro Danilo Nucini ha testimoniato di avere ricevuto da Luciano Moggi un telefonino contenente una sim non intercettabile e di aver assistito ad una telefonata di quest’ultimo al designatore Paolo Bergamo ove l’ex d.s. Juventino raccomandava di non mandare l’arbitro Dondarini ad arbitrare la Juve ma di “mandarlo a far casino da un’altra parte” (si veda Udinese – Inter del 27 settembre 2003);
· I carabinieri sono riusciti ad intercettare “di rimbalzo” alcune emblematiche chiamate effettuate da Moggi attraverso delle sim non intercettabili: infatti, mentre l’ex d.s. della Juve era intento ad intrattenere delle conversazioni telefoniche su linee “in chiaro”, quest’ultimo risponde ad un altro cellulare non monitorabile; a seguito di tale imprudenza, grazie al primo telefono, i carabinieri intercettano due conversazioni “riservate” tra Moggi e l’arbitro Racalbuto (l’identità di tale arbitro è stata rilevata dai carabinieri nel corso dell’attività d’indagine grazie anche al sopra accennato metodo dell’aggancio delle celle telefoniche).

Ecco il contenuto delle due chiamate in questione.

1) “Aspetta un attimo… Aspetta un attimo in linea! Oh, la peggiore che ti poteva toccà, eh!… Però tu fa la partita tua, regolare, eh?… No, senza regalà niente a nessuno, con tranquillità perché qua a me mi serve per la… Eh? Ok! Dondarini!….. Eh, ma a me quello che mi serve è Fiorentina – Bologna… In modo particolare… Apposta!… Il minimo… Eh eh… Quello, quello mi serve in particolare e poi… Ehm mi serve ehm… Il Milan, di avanzare.. Nelle ammonizioni per far fare le diffide, insomma! Vabbè! Tanto comunque ne parliamo stasera”…

2) “Pronto!… Come ti senti oh… mi sa che domenica hanno paura a farti uscì e… e… perché gli ha detto avevi la febbre alta, te ora rassicurali poi vedo un pochino io eh…. Se non ti senti bene è meglio per quest’altra a Cagliari eh… Se no la lascia perde… Sta’ a sentì detto inter nos, inter nos mica giochiamo col Livorno e non ti devi impelagà a… Va’ tranquillo”…

A tal proposito giova ricordare, con riferimento all’intercettazione di cui al n. 1, che la partita Fiorentina – Bologna fu poi arbitrata dall’ arbitro Massimo De Santis,
il quale nel corso di tale gara ammonì entrambi i centrali difensivi del Bologna (Petruzzi e Nastase) che, diffidati, saltarono poi la successiva gara tra la Juventus ed il Bologna lasciando la squadra felsinea senza difensori di ruolo. Per quanto concerne l’interlocutore Racalbuto va sottolineato come esso fu effettivamente “sorteggiato” per la peggiore gara di quel turno, ovvero la sfida salvezza Brescia – Reggina. Con riferimento invece all’intercettazione di cui al n. 2, si evidenzia come proprio Racalbuto sarà l’arbitro “sorteggiato” per dirigere Cagliari – Juventus del 16 gennaio 2005. I Cagliaritani ricordano bene ancora oggi l’arbitraggio di tale gara (basti pensare al goal della Juventus, siglato da David Trezeguet, viziato da netto fuorigioco ed al fatto che i giocatori del Cagliari, nel dopo partita, affermarono di essere stati più volte aggrediti verbalmente dall’arbitro durante lo svolgimento della gara).

Premesso tutto quanto sopra relativamente al riscontrato uso di sim estere, va sottolineato come le difese degli imputati abbiano mosso alcune contestazioni al fine di minare l’attendibilità del lavoro svolto dalla polizia giudiziaria senza tuttavia riuscirci compiutamente.
A mero titolo esemplificativo si cita (e contestualmente si contesta) uno dei “cavalli di battaglia” che va per la maggiore sui siti bianconeri, ovvero la circostanza per cui la Sim attribuita a Racalbuto, il giorno della sfida tra Cagliari e Juventus, non aggancia celle di Cagliari bensì celle site nella vicina cittadina di Sarroch. Tale contestazione è francamente priva di ogni fondamento: invero tale sim – attribuita a Racalbuto per mezzo di una moltitudine di indizi univoci – aggancia a Sarroch (che dista soli 20 km dall’aeroporto di Cagliari) nel giorno della suddetta gara di campionato. Racalbuto, per quanto a nostra conoscenza, poteva transitare nei pressi di tale cittadina per svariati motivi oppure trovarsi in un luogo equidistante dalle due località (Sarroch – Cagliari) ove la cella d’aggancio “prominente” risultava essere quella situata a Sarroch (NB in Sardegna il numero di ripetitori è inferiore rispetto ad altre zone d’ Italia).

Sempre a proposito delle contestazioni relative all’assegnazione delle utenze telefoniche riservate, si riporta – a conclusione del punto trattato – quanto affermato dal Giudice De Gregorio,
in replica alle osservazioni dei legali di alcuni imputati, nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Napoli riguardante i soggetti che hanno optato per il rito abbreviato (sentenza che, si ricorda, ha visto la condanna Giraudo, Lanese, Dondarini e Pieri): “Devono ora prendersi in considerazione alcune osservazioni dei difensori che hanno inteso mettere in discussione dedotti punti di debolezza del metodo di attribuzione delle schede di cui si è finora scritto. In proposito non può condividersi la notazione secondo cui la stessa P.G. non avrebbe dato certezza circa i risultati degli accertamenti, riferendone in termini di probabilità e non di sicurezza; in contrario è facile replicare che dette espressioni sono dovute a opportuna cautela, ispirata dal rispetto del ruolo ricoperto dalla P.G. nei confronti dell’ A.G. e che di certo dalle apprezzabili parole usate non può discendere un vincolo di giudizio nè per il Pm né per il Giudice, che adotta criteri diversi nella valutazione complessiva dei fatti da provare. Nè possono accettarsi le critiche esplicate dalla difesa di Pieri, secondo la quale le celle di Capannori, agganciate dalle sue utenze si troverebbero sulla direttrice autostradale e quella ferroviaria di Firenze – Livorno, e quindi potrebbero essere collegate ad un’utenza di un soggetto tra i molti abitualmente in transito in quella zona; in contrario deve notarsi che detta spiegazione non tiene conto degli agganci della medesima utenza con il Centro di Coverciano, quando Pieri vi fu presente e con le città ove l’arbitro arbitrò. Nè può concordarsi con l’opinione secondo cui l’incrocio tra le telefonate di Pieri e Moggi non sarebbe concludente sul piano probatorio, essendo entrambi i dati incerti; sul punto deve rilevarsi che questo argomento dimentica che Moggi, come altri imputati, non contestò l’uso di telefoni riservati e che è positivamente accertato che per suo conto furono comprate moltissime schede, di cui una buona parte da lui usate, essendo quindi certo per prova diretta ch
e Moggi aveva disponibilità di schede analoghe a quella che Pieri contattò, come pure è certo che utenze in chiaro di Moggi e sue utenze riservate si collegarono alle medesime celle nel medesimo contesto spazio – temporale. Neppure hanno pregio le considerazioni proposte dalla difesa di Cassarà circa l’impossibilità di raggiungere da Palermo le sedi ove questi arbitrò, da che si dedurrebbe che non fu lui ad usare la scheda segreta nei due giorni degli incontri, poiché si fondono su una affermazione indimostrata e che non ha in conto possibili percorsi alternativi. Deve ancora rilevarsi per quanto attiene alla memoria difensiva prodotta da Gabriele che essa fa riferimento ad un periodo d’uso (Lug. – Dic. 2004) che non è quello che emerge dagli atti e che il Pm ha citato nella sua requisitoria. Infine va evidenziato che gli apparenti errori circa il numero di contatti tra i medesimi soggetti in occasione di partite di calcio, che inducono la difesa di Pieri a valutare erroneo l’intero sistema di attribuzione delle schede, in realtà non provano lo scopo dedotto poiché essi riguardano solo la quantità dei contatti su cui la prima non ha influenza e non l’attribuzione delle schede; d’altra parte anche in questo caso è trascurato che i soggetti citati dal difensore, Moggi e Bergamo, sono tra quelli che hanno ammesso o non contestato il possesso di schede riservate e, dunque, eventuali sbagli della P.G. su dettagli del loro uso per nulla incidono sul risultato complessivo dell’attività di attribuzione delle schede, invece confermato dagli stessi interessati. Per completezza deve precisarsi che neppure nelle dichiarazioni difensive di Pieri si trovano concreti elementi utili ad inficiare la congruità degli elementi a carico suindicati, poiché egli si limitò a dire di non aver mai parlato con Moggi e Fabiani, ribadendo in udienza di non aver posseduto schede riservate. In conclusione ed in sintesi ed alla luce delle considerazioni precedenti deve ritenersi che i tre imputati Pieri, Cassarà e Gabriele ebbero effettivamente in dotazione le schede straniere a loro attribuite dagli inquirenti.” (Trib. di Napoli, sentenza in data 14.12.2009, con motivazioni depositate in data 24.04.2010 – R.G.N.R. n. 27685/2006, R.G.G.I.P. n. 57087/2010 – estratto relativo alle pagine da n. 117 a n. 119). Tali conclusioni non possono che essere totalmente condivise da chi scrive.

SULLA NATURA DEL REATO DI FRODE SPORTIVA

L’art. n. 1 della Legge 13 dicembre 1989, n. 401 sancisce che “chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle
associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a lire due milioni. Nei casi di lieve entità si applica la sola pena della multa.”

Con riferimento al riportato precetto normativo, va precisato che le contestazioni mosse agli imputati hanno tutte per oggetto le ipotesi del “compimento di atti fraudolenti volti a raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione sportiva”.
In virtù della struttura della menzionata norma incriminatrice, la frode sportiva si sostanzia pertanto in un reato di pericolo presunto, con presunzione iuris et de iure che non ammette prova contraria da parte dell’imputato: il reato de quo è quindi da considerarsi perfetto con il mero compimento di atti diretti ad offendere un bene ritenuto meritevole di protezione anticipata da parte dell’ordinamento giuridico poiché ritenuto di rango elevato. Tali premesse fanno sì che per l’integrazione della fattispecie criminosa assumano rilievo anche condotte che non riescono a conseguire il risultato vietato dalla legge e, dunque, atti idonei e diretti a ledere il corretto svolgimento delle competizioni sportive indipendentemente dal fatto che detta lesioni si verifichi. Peraltro anche la giurisprudenza di merito ha avuto modo di ribadire che “nel delitto di frode sportiva, di cui alla legge 401 del 1989, l’illiceità penale afferisce non soltanto alle condotte tipiche della promessa o dell’offerta di vantaggio indebito, ma anche ad ogni altra condotta fraudolenta finalizzata al medesimo fine dell’alterazione del risultato; ne consegue che, trattandosi di reato di pericolo per il quale non è ipotizzabile la fase del tentativo, anche gli atti preparatori purché idonei ed univoci, già fanno parte della condotta criminosa, essendosi anticipata la soglia di punibilità al mero compimento di un’attività finalizzata ad alterare lo svolgimento di una competizione” (vedi Trib. Genova Sez. II, 26 marzo 2007).

In definitiva la frode sportiva può ben inquadrarsi come un delitto di comportamento, la cui antigiuridicità deriva dalla pericolosità della condotta attuata dagli agenti.
Con riferimento alla vicenda calciopoli, si può analizzare quale esempio di frode sportiva la gara tra Brescia – Udinese del 26 settembre 2004 (preludio a Udinese – Juventus del 3 ottobre successivo); per tale gara sono imputati Giraudo (già condannato in primo grado anche con riferimento alla partita in esame), Moggi e l’arbitro Dattilo. Vi sono tre intercettazioni che rendono piuttosto solida la contestazione di tale ipotesi di frode sportiva:
– A) l’intercettazione tra Moggi e Giraudo del 21.09.2004 – nel corso di una cena con Bergamo e Pairetto -, intercettazione dove, parlando del calendario e degli arbitri di quella domenica, Giraudo dice a Moggi di non voler “rimettere un’altra volta sul Milan perchè è rischioso….è un rischio troppo alto”, con Moggi che risponde “no, non si può” (n.b. dopo un paio di giorni da tale cena vi fu il sorteggio degli arbitri per le gare della domenica, tra cui Udinese – Brescia. Al fine di far garantire un vantaggio indiretto alla Juve, Moggi e Giraudo concordano quindi sull’opportunità di non danneggiare il Milan dal punto di vista dell’arbitraggio – soluzione considerata troppo rischiosa – bensì di optare per una soluzione alternativa, chiarita dall’intercettazione di cui al seguente punto B).
– B) la chiamata tra Giraudo e Moggi al termine della gara tra Brescia e Udinese ove il primo afferma che se Dattilo fosse stato più sveglio avrebbe “dimezzato l’Udinese” ed il secondo che, in risposta, esclama “Vabbè almeno (per Juve – Udinese) abbiamo un rompicoglioni in meno (ovvero Jankulovsky, espulso in tale match)”;
– C) la chiamata di Moggi a Baldas – successiva a tale gara – per far salvare “Bertini, Dattilo e Trefoloni” mediante l’alterazione della moviola (NB l’arbitraggio da parte di Dattilo fu aspramente criticato dalla squadra friulana e dai media nazionali).

Oltre alle citate intercettazioni, assume una determinante rilevanza ai fini probatori la già menzionata assegnazione all’arbitro Dattilo da parte dei carabinieri di una delle schede riservate acquistate per conto di Moggi in territorio elvetic
o, circostanza questa che – in aggiunta al contenuto delle conversazioni telefoniche citate – evidenzia la non terzietà del menzionato arbitro nel dirigere la gara tra Udinese e Brescia. A tal proposito è da notare come nessuna rilevanza ai fini della difesa degli imputati possano assumere le analisi delle singole decisioni concrete prese dal direttore di gara nel corso del match. Infatti, anche se tali eccezioni fossero in astratto condivisibili, il reato sarebbe in ogni caso da considerarsi integrato, in quanto l’imparzialità dell’arbitro di gara risulta comunque irrimediabilmente compromessa dal dimostrato legame con Moggi e Giraudo.

La suesposta breve disserta
zione relativa al processo penale di “Calciopoli” non ha – come detto – la pretesa di essere totalmente esaustiva sull’argomento: il fine di tale scritto è esclusivamente quello di prospettare un quadro più aderente al reale svolgimento dei fatti di oggetto di causa in attesa del compimento dell’iter della giustizia ordinaria. 

Illegale rappresentante
(17 febbraio 2011, in esclusiva per Indiscreto)

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