Il default dei traditori

9 Ottobre 2011 di Italo Muti

di Italo Muti
Stantuffare assume ai giorni nostri anche altri significati: decadere, tramontare, tracimare. Le imprese, inutili per il quadro politico, del nostro SB sono oramai sparate anche a Tonga grazie alle immancabili agenzie di stampa che raccolgono le intercettazioni ordinate e passate dagli ascari zibellinati alla stampa amica e da lei veicolate.
Che l’opera politica del nostro PdC sia da criticare o da mettere sotto accusa per la discrasia fra le promesse fatte e quelle attuate, è sotto gli occhi di molti, che la varia umanità che gli gira intorno non sia stata selezionata in base a criteri prettamente accademici, è drammaticamente vero, ma oramai l’età volge al tramonto e questa sarebbe stata in ogni caso l’ultima legislatura della sua vita pubblica. La domanda da porsi, invece, è sul perché di molteplici inchieste tese solo a sputtanare e a rendere nullo qualsiasi intervento postumo di SB. Questo concentramento di richieste ad andarsene, quando solo la sfiducia in parlamento è legittimata a scrivere la parola fine sul governo ‘Burlusconi’ IV. Questa domanda ne invoca una più generale: come mai tutto l’establishment italico ha sempre mal sopportato SB dal 1994, anno in cui scese nell’agone politico ma anche anno in cui nacquero tutti i suoi guai giudiziari? Fino al 1994 santo e poi puttaniere? Fino al 1994 imprenditore geniale e poi farabutto? Fino al 1994 dedito al bene comune e poi solo ai propri interessi? L’autorevole stampa anglosassone potrebbe scrivere che i casi sono due: o esistono due Berlusconi o esistono due magistrature. 
Interessanti le date e gli attori dello scenario dei primi anni Novanta. L’operazione Clean Hands, che solo qualche marziano sprovveduto può ancora credere spontanea e nata a Milano, è lo spartiacque. Il brain stormig sito in NY City diede inizio ad un cambio di classe politica, diventata troppo esosa e inefficiente, stravolgendo l’assetto politico nazionale. Le elezioni del 1992 non cambiarono l’assetto, ma la Lega entrò in parlamento e Amato, neanche toccato dalla bufera, fu messo a capo del Governo con tutte le sue inadeguatezze. Durante il mese di maggio del 1992 muore Falcone, che stava certificando i legami fra mafia, cooperative, massoneria e mafia russa e il 2 giugno ci fu il summit tra gli Dei sul panfilo Britannia in cui fu decisa la speculazione sulla lira, tramite il filantropo Soros. A quel punto l’ineffabile Moody’s declassò l’Italia dichiarandola inaffidabile, costingendo l’Italietta ad alzare i tassi di interesse sui titoli di stato per farseli comprare: il tutto mentre partiva l’attacco alla lira.
Ciampi, già ai tempi in dore di santità, provò a fermare l’infermabile chiamando la Bundesbank, ma il no fu secco e deciso e il nostro decise di fare da solo buttando via 48 miliardi di dollari in valuta estera. La lira si svalutò del 30% e gli amici del Panfilo poterono acquistare i gioielli di Stato con un bello sconto. Insieme a Soros, ad attaccare la lira si segnalarono Warburg e Goldman Sachs, e fu proprio Warburg a consigliare GS allo stato italiano per gestire le privatizzazioni. Craxi, da sempre filoarabo, fu costretto a fuggire e la tavola imbandita delle nostre ricchezze era pronta ad essere offerta dai servi di casa nostra. I vari attentati del 1993, senza un vero senso strategico, avevano lo scopo di disseminare incertezza e paura, una vera cortina fumogena per le truppe armate di derivati e finte privatizzazioni.
Le elezioni del 1994 provocarono un vero e proprio shock e il Berlusca, neofita della politica che aveva sempre vissuto per interposto Craxi, sconfisse la gioiosa macchina occhettiana attirandosi le ire degli Dei. Per lo sconforto dei comunisti che avevano cambiato le insegne nel nome del dollaro, in salsa badogliana. L’ingresso alla svendita e alla cassa agli uomini del panfilo è stato sbarrato da un ometto di Arcore, in maniera forse inconsapevole, mentre i vari servi si sbracciavano per far capire che erano pronti a concedere qualsiasi cosa pur di sedere a Palazzo Chigi. Questa contrapposizione non ha nulla di ideale: Berlusconi fa i propri interessi personali, gra parte degli avvesari quelli dei manovratori.
Intanto dal 1992 il mondo è leggermente cambiato. Il Dragone Giallo ha scalato posizioni e il suo tallone acuminato rende meno sicure le riunioni del Gruppo Bilderberg. L’Italia, nevralgica per l’Europa Centrale, deve essere fedele e anche sacrificabile senza cha faccia storie: meglio quindi uno alla Prodi, che sorrida in maniera beota e incassi il premio agognato, ma alla svelta. Vanno cambiate le pedine dei vertici, il tempo bastardo ha pensionato molti servitor cortesi. I volontari per il ricambio sono molti: il nostro LCDM, il Diego scarparo furioso (alzi la mano chi ha colto la differenza fra le pagine comprate e gli articoli su di lui in quelle ‘giornalistiche’, la Emma irrequieta, i fidi Monti e Profumo. Per far questo ci hanno rifilato anche la storia che i titoli italiani potevano implodere, sempre con la solita sostituzione della verità con la percezione della stessa, la loro. Avete notato l’overdose di trasmissioni sull’improbabile default italiano, dato per imminente quasi con compiacimento? Quasi che tifassero per uno sfascio che avrebbe coinvolto anche i loro stessi risparmi… I conduttori e i giornalisti in studio sapevano la verità e non hanno svenduto niente, ma la vecchina a casa si è spaventata e ha venduto i suoi titoli ai vari caimani della situazione con almeno il 20% di sconto. L’unica certezza è che l’era Berlusconi è finita e che il suo successore dovrà piacere alla gente che piace. Il nome del notaio che firmerà la svendita ci interessa però meno dei suoi mandanti.

Italo Muti, 9 ottobre 2011
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Dentro la finanza)

Share this article