M il mostro di Ferrara

4 Maggio 2011 di Simone Basso

di Simone Basso
Storia e gloria del dottor Ferrari, a seconda delle circostanze e dei tempi descritto come personaggio ambiguo o come benemerito dello sport italiano. Si parte con l’emostrasfusione dei meravigliosi anni Ottanta, arrivando all’incontro con Tony Rominger…

“E’ arrivata la bufera, è arrivato il temporale, chi sta bene e chi sta male, e chi sta come gli par…”
(Renato Rascel)


Stiamo accingendoci a narrare l’odissea, descrivendone i punti salienti, di un fenomeno autentico; come altrimenti definire un super che ha assicurato ori e medaglie preziose all’atletica nei ruggenti anni Ottanta del CONI?
In che modo ricordare gli exploit dello sci nordico nostrano senza citare il suo contributo fondamentale? Potrebbe scapparci una standing ovation all’americana citando i trionfi più importanti di questo multiforme fuoriclasse nel ciclismo internazionale: 3 Tour de France, 5 Giri d’Italia, 4 Vuelta di Spagna, 2 Mondiali, 2 Giri di Svizzera e innumerevoli prove di Coppa del Mondo. Vabbè, non stiamo parlando di un mostruoso incrocio genetico tra Merckx e Indurain, qui si sta facendo la storia alternativa degli ultimi, emozionanti, vent’anni di allori. Che abbiamo esibito orgogliosamente in giro per il mondo, ripercorrendo anche i trionfi epocali della pedivella.
Il dottor Michele Ferrari è probabilmente la figura centrale del virtuoso disfacimento morale della scienza applicata al professionismo sportivo
; l’esempio più lampante di quanto l’esasperante business creato da squali-affaristi che si nascondono dietro montagne di retorica (qualche nome? Samaranch, Blatter, Verbruggen, Carraro…) abbia massacrato lo spirito che animava un tempo lo sport. Parliamo di etica, senza entrare nel merito delle singole vicende: anche perchè nel corso del tempo leggi e regolamenti sono cambiati e molto di ciò che era legale nel 1984 non lo è oggi.
Il medico dei campioni nasce come assistente del Professor Conconi, inventore geniale di un test semplicissimo che rivoluzionerà le metodologie di allenamento: è dall’università di Ferrara che parte la riscossa dell’atletica italiana. Da Cova fino ad arrivare ad Antibo, una valanga di vittorie applicando al materiale umano il primo doping sul sangue: l’emotrasfusione (copiata dai finlandesi) è l’inizio di una ricerca che porterà gloria, e qualche invidia straniera (con il senno di poi, giustificatissima). Praticamente dal record moseriano dell’ora e le Olimpiadi di Los Angeles (1984) i conconiani imposero i loro metodi vincenti alle federazioni in odore di santità. Chi rifiutò questi tipi di preparazione (il ciclista della 100 Km Giovanni Bottoia e il mezzofondista Stefano Mei, per esempio) passò per eretico. Mentre getta le basi, insieme al Maestro, dello stupefacente salto di qualità dello sci nordico tricolore entra nello staff del Moser post-Messico: decisivo, per lo sviluppo della sua professione, fu l’incontro nella Supermercati Brianzoli con un ambizioso neoprofessionista giunto tardi all’attività, tale Tony Rominger; le carriere dei due (dal 1987 in poi) procederanno parallele ed alimenteranno le leggende sulle capacità di super preparatore del buon Michele. (1-continua)

Simone Basso
(in esclusiva per Indiscreto)

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