Squadre sparite dai titoli

16 Dicembre 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Il crocevia Carraro, il rigore di Tombolini, la coda di Della Valle, i leoni contro Mourinho, la famiglia di Gattuso e i calcioni di Abu Dhabi.

1. Calciopoli per sempre, con i dettagli di ambiente che sono molto più indicativi delle sentenze della giustizia sportiva ed ordinaria. I tre anni di reclusione (che a Cialtronia è ovviamente teorica, mentre in Italia è una cosa seria) dati a Giraudo per associazione a delinquere e frode sportiva giustificano a posteriori le pene inflitte alla Juventus ma non spiegano il ‘sistema’ e la sua accettazione da parte delle vittime come invece fanno intercettazioni e soprattutto deposizioni. Quella di Franco Carraro a Napoli è devastante, non a caso molti pompieri si sono affrettati ad interpretarla unicamente in chiave Moggi. L’ex presidente della Figc e di tante altre cose, prosciolto e ringalluzzito, ha in sostanza confermato di essere stato l’uomo di raccordo di tutti i poteri di un calcio finto.
2. Se infatti con Bergamo e Pairetto avevano un filo diretto i soliti noti, Carraro era il ricettacolo delle lamentele di tutto il mondo geronziano, di Moratti, di Della Valle e di peones vari. Lamentele che lui trasformava in ‘consigli’ ai designatori. Dal ‘non sbagliate a favore della Juventus’ prima di uno Juve-Inter dalla vigilia super-polemica all’occhio di riguardo per la Lazio dopo una telefonata di fuoco di Lotito: raccomandazioni stranamente disattese, perchè ‘quel’ derby d’Italia non ebbe episodi controversi  e ‘quel’ Lazio-Brescia vide Tombolini (proprio il brizzolato ‘Tombo’) negare un rigore netto a favore dei biancocelesti. Poi altri colpi da maestro: il ragionamento sulla ‘partita proibitiva’ della Lazio a San Siro con il Milan (traduzione: quella può perderla, ma dopo dovrà essere indennizzata), quelli sull’ordine pubblico a Roma (traduzione: attenti a sbagliare contro le romane, poi quando incontrano le grandi si decide caso per caso), quelli sulle referenze di Lippi (dopo otto anni da allenatore della Juventus!) chieste a Moggi.
3. Inutile dire che le parole ‘Juventus’, ‘Inter’, ‘Milan’, ‘Lazio’, ‘Fiorentina’ (ai microfoni di La Sette Della Valle ha di recente fatto uno strano discorso, tornando sul pranzo con Bergamo e Mazzini: intanto, per non farsi mancare niente, ha querelato Repubblica che era tornata sull’argomento), eccetera, non compaiono quasi mai nei titoli dei giornali. Moggi e Giraudo avevano infatti solo un ufficio in subaffitto nella sede della Juventus, per conto dell’Inter a Carraro aveva telefonato il portinaio della Saras, Carraro non era stato imposto prima alla Lega (partendo da 4 voti su 38…) e poi alla Figc da Berlusconi, le politiche di Roma e Lazio dell’ultimo decennio non sono state imposte dalle banche, Cesare Geronzi non conosce né Carraro né Moggi. Fuori dalla logica giudiziaria e/o giustizialista Calciopoli può essere compresa molto meglio: se no perché le vittime avrebbero accettato di partecipare a un campionato finto, pur avendo in mano buoni assi (Nucini, eccetera) da giocare?
4. Quand’è che quei leoni dei giornalisti attaccano a prescindere un allenatore? Di solito quando pensano di fare cosa gradita al presidente, che come è noto è la persona con la più alta probabilità di rimanere al suo posto per anni: del resto uno dei caposaldi della filosofia da bar è ‘Moratti con i suoi soldi può fare quello che vuole’. Solo così si può leggere l’attacco concentrico a Mourinho da parte ormai di tutta la carta stampata (i tre quotidiani sportivi, oltre a quelli generalisti che pensano di fare opinione) che conta, mentre i ‘televisivi’ sono per definizione morbidi visto che per loro le interviste ed i mitici ‘rapporti’ sono fondamentali. La cosa divertente è che nel recente passato, restringendo il discorso all’Inter di Moratti Massimo, ci sono stati giocatori (in particolare uno, ‘uomo vero’) che hanno messo le mani addosso (cosa che peraltro Mourinho non ha fatto con Andrea Ramazzotti del Corsport) ma addosso davvero a qualche giornalista. Che non scrisse nemmeno una riga sull’accaduto per non dare un dispiacere al presidente.
5. Siamo tutti una famiglia, ma il Milan di più. Peccato che i bookmaker non quotassero la conclusione della vicenda Gattuso, l’ennesimo ultratrentenne un po’ imbolsito (ma almeno lui è stato grande) protagonista del remake della commedia ‘Rinnovo a vita’. Che a volte produce buoni risultati alla Inzaghi, ma più spesso baby-pensionati alla Serginho. E a volte quarantenni con aspettative dirigenziali mal riposte, visto che una delle chiavi dei successi rossoneri degli ultimi decenni è stata che le decisioni venissero prese in due (facciamo uno e mezzo). Galliani fa la sua parte, cercando di seminare entusiasmo in un mondo in cui l’entusiasmo è inflazionato, con i media che non vedono l’ora di abboccare. Contrariamente a quanto si pensi, sono i titoli in positivo quelli che migliorano le vendite. Prossimo dvd da mettere nel cofanetto? Kaladze.
6. Con le italiane l’Intercontinentale prima ed il Mondiale per club adesso valevano come tre Champions messe insieme, adesso invece hanno il valore della Coppa del Nonno (sul Televideo Rai nemmeno mettono i risultati). Vista in streaming la semifinale fra fra l’Estudiantes di Veron ed i coreani Pohang Steelers, con arbitraggio allucinante di Rosetti. Da mostrare a quelli che ‘i nostri arbitri sono i migliori perché si misurano con il campionato più difficile’ non tanto gli episodi su cui tutti possono sbagliare (clamoroso comunque il fuorigioco attivo di Boselli sulla punizione di Benitez: la difesa nemmeno aveva fatto il passo avanti, erano tutti fermi da cinque secondi…non male nemmeno il raddoppio argentino, con spallata al portiere) quanto per la gestione generale di una partita dove secondo qualcuno (e Rosetti, che ne ha espulsi tre) i coreani avrebbero picchiato duramente. Vero, ma non più di avversari clamorosamente risparmiati (un solo giallo, fra l’altro a Veron) nel nome della sacralità della finale Europa-Sudamerica. Gli sceicchi non vorrebbero una finale Estudiantes-Atlante, chissà se saranno accontentati.
Stefano Olivari

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